Noto un profondo disappunto dei tifosi del Milan verso il proprietario, Berlusconi. Basta ascoltarli a San Siro o nei bar. Parlano di campagna acquisti e si inquietano, perché il Cavaliere s’è messo in mostra - più che altro - per la cessione di Kaká. Ce l’hanno con la dirigenza perché non investe più come prima. Insomma,
Silvio non tira fuori i quattrini, e allora in tanti non lo vogliono più.
In un baleno, vengono buttati nel gabinetto 25 anni di Milan targato Berlusconi, assieme a scudetti e coppe. Invece, andrebbe fatta una riflessione. Anzitutto, i tifosi rossoneri che non vogliono più il Cavaliere dovrebbero tornare con la memoria agli anni Ottanta. Vi dice niente la parola Serie B? Ma sì, quella guadagnata a seguito dello scandalo del calcio scommesse. E la
seconda retrocessione, nel 1981-82, quando i rossoneri misero insieme 24 punti in 30 partite?
Facciamo un passettino avanti. Stagione 1985-86. Ispezioni della Guardia di finanza: la società risultò fortemente indebitata e a un millimetro dal fallimento.
Stava per morire. Fu lì che Berlusconi rilevò la squadra dal presidente Farina, il 20 febbraio 1986, e ripianò il deficit.
Lo so anch’io che Silvio
fiutò l’affare. Capisco che il Milan gli servì come
trampolino di lancio verso altre imprese economiche e soprattutto politiche. D’altronde, il Cavaliere non è un missionario pronto a fare beneficenza al prossimo: trattasi di un imprenditore, a caccia soprattutto di profitti. È una colpa?
Dal 1987, con Sacchi, il via ai trionfi, ripetuti con Capello e con altri allenatori. Berlusconi ha preso in mano un
cadavere di nome Milan e l’ha reso uno squadrone. Senza di lui, i rossoneri rischiavano di precipitare di nuovo in B o peggio.
Ora si rincorrono le voci della cessione della società. Si parla di libici e
arabi interessati ad almeno il 40% delle quote per poi papparsi tutto il Diavolo. Ma c’è chi vorrebbe consegnare il 100% del Milan a imprenditori danarosi con tanta voglia di spendere. Bella roba. Qui si rischia col fuoco. Bastassero gli euro a fare una grande squadra, tanti altri presidenti avrebbero vinto già scudetti in quantità.
Un’altra proprietà dovrebbe gestire uno staff enorme, fatta di dirigenti, allenatori, équipe medica, giocatori. Non è uno scherzetto. Da presidente, devi convincere 20enni che guadagnano tre milioni di euro l’anno e che sono circondati da ogni genere di tentazione (in primis donne a tutto spiano) a
rincorrere in mutande un pallone che rotola. Devi indurli a prendere calcioni da energumeni sempre pronti a sostenere: “Cercavo la palla, gli ho preso la caviglia”. Devi sempre controllare che non ingrassino, che vadano a letto presto, che facciano vita da atleta. Devi impedire che litighino fra loro per via di differenze di trattamento economico. Devi controllare
che non si scannino negli spogliatoi. Devi tenere a bada i procuratori, che spingono affinché il loro assistito sia titolare. Questo vale per qualsiasi squadra, di qualsiasi città.
Insomma, fare il presidente vuol dire gestire rogne quotidiane, in quantità industriali. E poi ci sono le pressioni dei media, le attese dei tifosi. Se appena appena sbagli nella scelta degli uomini chiave (allenatori, medici, preparatori, dirigenti),
vai a picco. Garantito.
Ebbene, almeno Berlusconi e compagnia hanno alle spalle 25 anni di esperienza. Per un’altra proprietà, invece, sarebbe tutto nuovo. E ogni novità comporta un azzardo. Inizi e compri cantando, prosegui e paghi piangendo. Voglio vederli i possibili acquirenti della società, quando hanno a che fare con i calciatori e i loro procuratori. Sì, sì: non è mica come riunire in una stanza 10 dipendenti aziendali che guadagnano 1.000 euro al mese, e che sono subito pronti a ubbidire a ogni comando. Ti trovi davanti
milionari viziatelli che, se vogliono, fanno crollare te e la società, perché tanto i soldi a fine mese arrivano lo stesso.
Temo fortemente che, con un’altra proprietà, il Milan sparisca dal calcio nel giro di cinque anni. Anche perché i “nuovi” dovrebbero sobbarcarsi un esborso iniziale così elevato da stroncare un elefante: quanti soldi occorrono per comprare il Milan,
1.000 milioni di euro bastano? Ho paura che, con una nuova proprietà, i rossoneri facciano prima un campionato di mezza classifica. Dopodiché, la serie B, l’abbandono degli sponsor e delle tv (niente più diritti televisivi pagati a caro prezzo), quindi un’altra retrocessione e poi la fine.
Date retta a me, tifosi del Milan. Tenetevi Berlusconi, che almeno, in questo momento, garantisce la permanenza della squadra su buoni livelli. Meglio farsi umiliare ogni anno dall’Inter e perdere 4-0 il derby e 1-0 con lo Zurigo, piuttosto che scomparire dal calcio. Per vincere gli scudetti, il Cavaliere ha dovuto
ripianare di volta in volta i debiti, tirando fuori denaro fresco. Se per qualche anno non spende ma incassa, che nessuno si offenda.
In tanti vorrebbero un bel russo straricco, in stile Roman Abramovich. Che bello: pensate un po’ che se quel tizio si rompe le scatole e molla il Chelsea, la squadra inglese defunge. Mi fa ridere anche l’
azionariato popolare da parte dei tifosi. Che dovrebbero mettersi insieme nominando un rappresentante legale e formalizzare l'offerta a Berlusconi. Dopodiché, servirebbe una figura di riferimento, un azionista di maggioranza, come succede per il Barcellona. Cretinate: non siamo mica in Spagna qui. In Italia, il cittadino medio non arriva alla terza settimana del mese; figuriamoci se ha tempo e voglia di pensare al calcio e al Milan.
[foto via
Milan]