venerdì 10 novembre 2023

Leasing sociale dell’auto elettrica a 100 euro al mese: occhio a 5 fregature



Va forte nel web la notizia sul leasing sociale dell’auto elettrica in Francia: idea che viene descritta una manna dal cielo, una benedizione di Nostro Signore, una fortuna improvvisa. Meraviglia e stupore per questo leasing sociale che ci proietta nel futuro: la salvezza per chi non ha una vettura. La notizia attira perché sempre meno persone in Europa possono permettersi di comprare una macchina nuova o usata, o di prenderla a noleggio a lungo termine o in leasing. 

Occhio a 5 fregature.

1) È vero che c’è il leasing sociale dell’auto elettrica a 100 euro al mese?
No. Nemmeno per idea. Dal 1° gennaio 2024, in Francia, il leasing sociale avrà un costo mensile indefinito. Minimo 100 euro al mese. Più l’assicurazione RC Auto obbligatoria annuale. Se questa è di 1.200 euro l’anno, e se ti permettono di spalmarla sui 12 mesi, allora sono altri 100 euro al mese. Sommati ai primi 100 euro, si arriva in un batter d’occhi a 200 euro al mese. Dopodiché, bisogna vedere quali altre polizze accessorie debbano coprire l’auto: Furto e incendio, Kasko parziale o totale, Infortuni del guidatore. E quali clausole includano le polizze. Ma stiamo bassi: 200 euro al mese in un magico pacchetto assicurativo all inclusive, con aggiunta la manutenzione ordinaria e straordinaria.

2) Il leasing sociale è per tutti?
No. Per i meno abbienti. Forse, chi ha un reddito sotto i 14.000 euro l’anno. Pertanto, uno con quel reddito va a mettersi sulle spalle un leasing da 200 euro al mese. Gli conviene? Fate un po’ voi due conti e vi accorgerete che ci si strangola.

3) Fai quel che vuoi con la tua auto in leasing?
Ma neppure per l’anticamera del cervello. Hai una percorrenza massima annua: in 37 mesi, 30.000 km probabilmente. Sono circa 810 km al mese. Grosso modo 9.700 km annui. Altro che libertà di movimento. Quando il non abbiente dà indietro l’auto, paga una penale per ogni eventuale km in più percorso oltre il limite.

4) Il beneficiario prende l’auto, la guida e non pensa più a nulla?
Mai. Attenzione alle franchigie per incidenti causati e subiti, per i danni di ogni genere. E se la vettura sparisce di notte, per colpa di un ladro, si paga una franchigia di importo da definire. Dipende dalle clausole, ma il sogno diviene incubo molto in fretta. L’auto elettrica poi va alimentata da elettroni, che costano sempre più. O il non abbiente ha la wallbox (improbabile) o fa il pieno di corrente in strada a una colonnina pubblica: qui, o paga a consumo o ha una delle varie tariffe flat. Che stanno volando alle stelle.

5) Lo Stato francese mette tutti i soldi mancanti?
Da vedere. Mancano 10.000 euro di anticipo per il leasing dell’auto, per cominciare. E si dovrebbe puntare solo su alcuni marchi che vendono elettriche non costose come il fuoco (poco care non esistono). Da valutare cosa ne pensi l’Unione europea: vieta che un Paese membro dia una mano solo a una o a poche marche, pena procedure d’infrazione e multe allo Stato. Il quale poi per pagare la sanzione alza le tasse. Versate, oh sì, pure dal non abbiente.

mercoledì 22 marzo 2023

Una diabolica Giorgia Meloni devasta l’auto elettrica e punta sui biocarburanti: Germania nel mirino?

In un discorso alla Camera, la premier Giorgia Meloni ha attaccato la sinistra che va a braccetto con l’Unione europea in fatto di auto elettrica: “Siamo d’accordo sul fatto che c’è un problema. E sugli obiettivi della transizione verde dati dall’Unione europea. Non siamo d’accordo se l’Ue debba anche imporci le tecnologie necessarie per arrivare a raggiungere quegli obiettivi. La sfida dell’Italia è stabilire una diversificazione tecnologica. Per non devastare il nostro sistema produttivo. Per lavorare su avanguardie che noi in questa nazione abbiamo. L’elettrico non è la panacea di tutti i mali. I componenti dell’auto elettrica vengono estratti con tecniche che devastano l’ambiente. Prodotti in Cina con le centrali a carbone. C’è un problema con lo smaltimento delle batterie. C’è un problema legato ai metalli e alle terre rare. La sfida sui biocarburanti l’Italia se la può tranquillamente intestare. Il rischio è di passare dalla dipendenza dal gas russo, alla dipendenza dall’elettrico cinese: non mi sembra una cosa intelligente. Credo che l’Europa debba lavorare sulla sovranità delle proprie tecnologie”.

Con chi ce l’ha la Meloni? Solo con la sinistra italiana e con l’Unione europea? A mio giudizio, qui si disputa anche una seconda partita: Italia-Germania.

Infatti, la Germania sta paralizzando l’Ue in fatto di auto elettrica. Così come in passato ha tenuto tutti i Paesi per i testicoli nella fantomatica Unione, specie con la Merkel. Berlino ha detto all’Ue: do l'ok all’elettrico nel 2035, se tu in cambio mi dai gli e-fuel, ossia i carburanti sintetici. Che gliene frega alla Germania degli e-fuel? Lo fa per l’ambiente e per il bene dell’umanità? In realtà, esiste una certa parte della potentissima industria automotive tedesca che va forte sui carburanti sintetici. Pertanto, la Germania (legittimamente) tutela i propri interessi e quelli della propria industria.

Ed ecco che entra in campo la Meloni. Occhio perché parliamo di una donna dall’intelligenza politica straordinaria, capace in pochi anni di divorare tutta la sinistra. La premier punta sui biocarburanti. Settore bollente per l’Italia. Se l’Ue dicesse sì agli e-fuel tedeschi, resterebbe solo il nostro Paese da persuadere: noi potremmo chiedere in cambio i biocarburanti.

In estrema sintesi, la Meloni ha fatto in quattro minuti quello che in dieci anni la sinistra non è mai stata in grado di fare: mettersi di traverso contro l’Ue in tema di elettrico, e iniziare a non inchinarsi eternamente ai voleri della Germania.

Sull’auto elettrica, c'è un match politico ed economico che adesso la premier italiana ha reso molto più interessante, mescolando le carte sul tavolo e sfasciando tutti i potenziali giochi di Ue e Germania.

Che sia condivisibile o no il suo discorso, che lei possa piacere o no, al momento la Meloni è un genio politico tale da deliziare Machiavelli.


sabato 11 febbraio 2023

Se cadi dallo scooter per colpa di una buca, il Comune paga: sentenza chiave della Cassazione. Solo una donna poteva vincere una battaglia simile

Sapete qual è una delle guerre economicamente più sanguinose in atto? Quella fra scooteristi e Comuni. Da una parte, chi sfascia le moto su strade gruviera, precipitando nelle voragini, o venendo sballottato da masselli fuori posto, binari del tram sporgenti, tombini storti. Dall’altra, gli enti locali. I primi chiedono legittimi risarcimenti per i danni da buca agli scooter; i secondi non intendono scucire un euro. Peggio ancora se il motociclista si è ferito, con la domanda di rimborso che lievita.

Quando il danneggiato chiede l’indennizzo, le risposte dei Comuni sono tre.

1) Andavi troppo veloce rispetto al limite.

2) Se rispettavi il limite, andavi troppo veloce rispetto al traffico.

3) Se rispettavi il limite e se non c’era traffico, andavi troppo veloce rispetto alle condizioni dell’asfalto. Tradotto: siccome tutti sanno che le strade fanno schifo, allora ti devi adeguare e procedere con cautela. La prudenza, dicono, non è mai abbastanza. Limite di 50 km/h e incidente a 30 km/h? Comunque una velocità eccessiva in rapporto alla qualità dell’asfalto che, come risaputo, è pietosa.

Ma stavolta un Comune ha fatto incazzare una donna. L’uomo, per natura, è un bonaccione mansueto che ha la tendenza a dimenticare le amarezze con una passeggiata, un film, un libro, una partita giocata o vista in tv. Invece il gentil sesso, se s’impunta, crea sconquassi. Arrendiamoci: queste ci sono superiori.

I fatti. Una signora è caduta dallo scooter. Ha chiesto il rimborso al Comune, che si avvale di una compagnia assicuratrice (come tutte le amministrazioni). La risposta è stata: col piffero. La tizia s’è rivolta al tribunale in primo grado, ricevendo un due di picche. Non persasi d’animo, la donzella ha puntato la corte d’appello: qui, altra sconfitta, con l’amministrazione e l’assicurazione gongolanti. Ma il sangue caldo che scorre nelle vene della motociclista, evidentemente imbestialita, l’ha portata a ricorrere per Cassazione.

Sooooorpresa: per gli ermellini, la caduta a causa di una buca stradale è un evento prevedibile e prevenibile; pertanto, il Comune pagherà i danni (sentenza 4051/2023).

Siamo di fronte a una questione etica, morale. Non è possibile che sia sempre e comunque colpa mia, perché vado troppo veloce con lo scooter o con la moto. A 50 km/h no, a 30 km/h no. Più piano e più lentamente ancora. Sino a procedere a un km/h, con gli occhi sbarrati fissando le buche.

Qualunque giudice di qualsiasi ordine e grado dovrà scrupolosamente attenersi all’orientamento della Cassazione. I magistrati faranno i conti e stabiliranno quanti soldi la tenace connazionale incasserà.

Nel ricorso, infatti, la donna esponeva che, mentre percorreva la strada, perdeva il controllo del mezzo a causa del grave degrado del manto stradale, non indicato da apposita segnaletica. In primo grado, il tribunale respingeva la domanda: zero responsabilità del Comune. La corte d’appello confermava. La signora faceva ricorso per Cassazione. Perché?

La corte territoriale aveva omesso di considerare il fatto riguardante la mancata apposizione di apposita segnaletica attestante lo status di strada deformata. Secondo la ricorrente, la corte territoriale avrebbe interamente omesso di considerare il fatto per cui la strada, pacificamente dissestata in quanto irta di buche, avvallamenti e spuntoni, non fosse presegnalata da apposito cartello nonostante l'obbligo previsto.

La donna denunciava la violazione in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 3, del Codice di procedura civile. Per avere la corte territoriale deciso la controversia facendo distorta applicazione dell’articolo 2051. La corte territoriale avrebbe errato perché ha ritenuto che la condotta dell’utente sia stata la ragione esclusiva del fatto dannoso, in quanto il mezzo a disposizione non sarebbe stato in grado di affrontare le insidie della strada e, dunque, avrebbe dovuto adottare particolari cautele se non addirittura preferire una strada alternativa.

E ora, tutti in religioso silenzio, a sentire la Cassazione.

a) Il motivo è fondato. Ripeto: il motivo è fondato. La corte ha seguito un percorso giuridico erroneo, che disattende i princìpi ormai consolidati in tema di responsabilità ex articolo 2051 del Codice civile di individuazione del fortuito e di rilevanza dell'eventuale condotta colposa del danneggiato.

b) È stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, da ultimo, con la sentenza 20943/2022 che la responsabilità di cui all'articolo 2051 ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode.

c) La responsabilità ex articolo 2051 ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga a elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima.

d) Tale essendo la struttura della responsabilità ex articolo 2051, l’onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode - come detto - l’onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito; nell’ottica della previsione dell’articolo 2051, tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale (della derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura insidiosa o la circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato.

e) Al cospetto dell’articolo 2051, la condotta del danneggiato può rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all'origine del danno.

f) Al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità e imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa.

g) La eterogeneità tra i concetti di “negligenza della vittima” e di “imprevedibilità” della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé a escludere la responsabilità del custode.

h) L'esclusione della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita dal custode la colpa della vittima, esige un duplice accertamento: che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; che quella condotta non fosse prevedibile. Nel caso specifico della caduta dal motorino (o scooter o moto) in corrispondenza di una buca stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la sconnessione possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente); deve allora ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano.

i) Pertanto, queste sono le coordinate giuridiche della responsabilità ex articolo 2051 e la corte di appello ha, quindi, errato nell'identificare senz'altro il fortuito nella condotta colposa della danneggiata, prescindendo dai caratteri propri del fortuito, ossia la non prevedibilità e la non prevenibilità, ribaditi dalle recentissime SSUU.

Ringrazio per la consulenza l’avvocato Luca Procaccini