giovedì 30 dicembre 2021

Auto elettrica in Italia: topo di laboratorio per ESPERIMENTI diabolici

La legge Bilancio 2019 ha dato il via a un test. Introducendo un pacchetto di misure per le vetture dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, IN VIA SPERIMENTALE. Lo dice il ministero dell'Economia e delle Finanze: qui. “Per favorire la riconversione in chiave ecosostenibile del parco auto viene attribuito IN VIA SPERIMENTALE, dal 2019 al 2021, un contributo economico, riconosciuto in misura differenziata per importi che vanno da 1.500 euro a i [sic] 6.000 euro, ai soggetti che acquistano e immatricolano in Italia un veicolo non inquinante”.

Il test finirà fra qualche ora, il 31 dicembre 2021.

Il ministero è stato di parola. ESPERIMENTO doveva essere, tale è stato.

Infatti, prima la politica ha piazzato un gettone di € 10.000 come sconto sull’auto elettrica. Ma il fondo è finito subito, perché risicatissimo. Poi quel contributo è stato rimesso, quindi è terminato immediatamente; infine piazzato ancora, e polverizzato di nuovo.

Durante il test, nessuno ci ha capito niente. I consumatori disorientati come un turista di fronte al banchetto delle tre carte: ora c’è, ora non c’è più, trova l’incentivo se ci riesci. I Gruppi auto non hanno potuto programmare nulla, tantomeno le concessionarie. Le fake news dei siti Internet si sono accavallate: quando le bufale andavano online, con l’annuncio di nuovi incentivi per l’auto elettrica, quei bonus erano già finiti.

Nel corso della SPERIMENTAZIONE sull’auto elettrica, topo di laboratorio per eccellenza, cavia destinata a essere seviziata per capire come reagisce il mercato, i politici sono andati in tv a parlare di: decarbonizzazione, transizione elettrica, lotta all’inquinamento atmosferico, passaggio a una nuova mobilità pulita. Sbalordendo gran parte di chi si piazza davanti allo schermo.

Per mesi, la filiera dell’auto ha tentato di illustrare alla politica (con numeri, tabelle e grafici) i benefici degli incentivi per l’auto elettrica e per le vetture a basse emissioni.

Adesso, però, dopo aver sfiancato il topo, dopo avergli iniettato dosi di farmaci di vario genere, non gli si dà più neppure un euro. Mentre negli altri grandi mercati i Governi spingono a tutto spiano per l’elettrico (miliardi a palate per auto e colonnine di ricarica), agganciandosi al treno del mondo che lavora e che produce, l’Italia abbandona l’auto elettrica al suo destino. Volgendo la nave verso il Quarto Mondo, fatto di Reddito di cittadinanza scriteriato e sussidi sociali.

A chi giova tutto questo? Le cose sono semplici. Se la politica mantiene intatti il Reddito di cittadinanza e quel maleodorante minestrone di sussidi, c’è una valanga di voti garantiti. Gli incentivi per l’auto elettrica, invece, non portano consenso elettorale.

Guai a far notare la mancanza di bonus auto agli integralisti del monopattino e del Reddito di cittadinanza. La risposta che ti danno è: il mercato delle vetture nuove dev’essere naturale, camminare con le proprie gambe, senza spinte artificiali esterne. Già, peccato che la Commissione europea voglia fissare la fine della produzione delle auto termiche nel 2035: imponendo in modo brutale la transizione elettrica.

Quindi, da una parte, il settore subisce la decisione presa d’imperio dalle istituzioni; dall’altra, non riceve aiuti per affrontare la svolta epocale. Una specie di nevrastenia elettrica collettiva, un’isteria della decarbonizzazione forzata.

Che il topo torni nella gabbietta, fine dell’ESPERIMENTO.

mercoledì 29 dicembre 2021

Chi va in bici di notte a luci spente non può essere multato: sicurezza stradale, così la politica fa disastri

Dopo anni di discussioni, annunci, tavole rotonde, studi, proclami sull’importanza del fare sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, dopo che l’Unione europea ci ha strigliato per un numero eccessivo di incidenti mortali che coinvolgono pedoni e ciclisti, la politica fa un altro disastro in tema di sicurezza stradale.

Per le bici, il Codice della strada, appena riformato, prevede quanto segue: “I dispositivi di segnalazione devono essere FUNZIONANTI da mezz’ora dopo il tramonto del sole a mezz’ora prima del suo sorgere e anche di giorno nelle gallerie, in caso di nebbia, di caduta di neve, di forte pioggia e in ogni altro caso di scarsa visibilità, durante la marcia sia nei centri abitati che fuori dai centri abitati”.

Stendo un velo pietoso su un periodo così lungo, pieno di incisi, di “anche”, “in caso”, e quant’altro (la legge dovrebbe essere semplice, chiara e immediata). Spicca la parola FUNZIONANTI.

Cosa vuol dire? FUNZIONANTE = Che funziona regolarmente.

Risultato. Se pedalo di notte coi dispositivi di segnalazione (massì, diamine, le luci) FUNZIONANTI, ossia che funzionano, io sono in regola. Se la luce è spenta ma funzionante, io sono in regola: nessuno mi può multare.

Bisognava scrivere IN FUNZIONE. Anzi, sarebbe stato opportuno scrivere una cosa semplice: “Obbligo di luci accese”. Amen.

Non ci credete? Siccome queste regole sono scritte coi piedi, serve sempre una spiegazione ufficiale che le interpreti. Leggiamo allora la circolare del ministero dell’Interno, uscita poche ore fa (vedi screenshot in basso): “La norma prevede che i dispositivi [le luci] debbano essere FUNZIONANTI ma non IN FUNZIONE. Né l’obbligo si può desumere da altri articoli del Codice della strada”.

Un’accozzaglia sbrodolante di 14.000 cavilli in cui non c’è scritto: “Se vai in bici di notte, devi tenere le luci accese”. Morale del ministero dell’Interno: “Non può trovare applicazione della sanzione quando, nelle ore notturne, i dispositivi di segnalazione visiva siano presenti e FUNZIONANTI ma non accesi”.

Più esplicitamente: chi va in bici di notte a luci spente non può essere multato.












martedì 28 dicembre 2021

Tamponi Covid drive in? L’auto termica è Pina, la moglie di Fantozzi: in ginocchio da lei

In piena era Covid, l’auto termica (cioè a benzina o diesel) è come la signora Pina, la moglie di Fantozzi. Ugo la schifa, tenta disperatamente di tradirla, specie con la signorina Silvani. Come i politici vogliono tradire la termica con la mobilità elettrica. Ma è così scemo e imbranato, Ugo, che non riuscirebbe a flirtare neppure con un’anatra.

Ecco allora che il ragioniere, con la coda fra le gambe, torna in ginocchio dall’orribile coniuge, giurandole amore eterno. La Pina avrebbe il diritto e il dovere di rifilargli una pedata nella schiena: invece, dolce e premurosa, si prende cura del marito brutto e idiota.

La povera auto termica, proprio come la Pina, viene calpestata di continuo: la politica ci dice che fa schifo, sporca, inquina, occupa spazio, dà fastidio, causa il buco dell’ozono, la peste e la lebbra. L’auto termica deve morire in fretta: va uccisa per il 2035, al più tardi.

 
D’improvviso però le istituzioni tornano da lei, l’auto termica, la Pina.

“Per andare a fare il tampone, come mi devo muovere?”, chiede un cittadino. “E per andare a fare il vaccino?". E tutti gli esperti, i medici, i virologi: con l’auto privata. Perché i mezzi pubblici sono pericolosissimi: si prendono brutte infezioni, fra cui il corona (in futuro vi parlerò delle malattie della pelle che si possono contrarre). E siccome la stragrande maggioranza di auto è termica, con quella occorre muoversi.

Addirittura, nei siti ufficiali, ci sono indicazioni precise: “Si raccomanda l'utilizzo di un mezzo proprio (e non di mezzi pubblici) per recarsi a effettuare il tampone”. Dove per mezzo proprio non si intende un monopattino elettrico su una pista ciclabile, la mobilità dolce e pulita del futuro radioso, giacché una vecchietta avrebbe non pochi problemi a inforcare la tavoletta a rotelle per involarsi verso il luogo prescelto. Vedi qui e qui.

Se io fossi l’auto termica, la Pina, mi risentirei un po’ coi politici: “No, adesso smetto di funzionare. Non porto proprio nessuno da nessuna parte. Mi mancano benzina e gasolio (mi fai un bel pieno di tutt’e due contemporaneamente), olio, acqua, lavaggio, profumatore. Dopo, forse, scarrozzo tutti”.

Cari politici, cautela a far fuori le auto a benzina e diesel. Cautela col piano di sterminio delle auto dalle città. Imbranati come siete con la signorina Silvani, un giorno potreste amaramente rimpiangere di aver ripudiato la Pina.

lunedì 27 dicembre 2021

Niente risarcimento a chi non ha l’assicurazione Rc auto: bufala

Ci sono due tipi di guidatori che viaggiano senza l’assicurazione Rc auto. Uno: chi, di proposito, se ne frega delle regole. Due: gli smemorati che dimenticano di rinnovare la polizza annuale.

Fatta questa premessa, vado al dunque. Alcuni siti Internet che scopiazzano alla brutta un altro portale online riportano questa pseudonotizia: niente risarcimento a chi non ha l’assicurazione Rc auto. Da cui si capisce questo: che il guidatore senza Rc auto non vede un euro.

Si tratta di una bufala grande come una casa.

1) La Rc auto copre i danni che tu causi con la tua auto agli altri. Se non hai questa polizza e provochi guai, paghi di tasca tua.

2) Se non hai la Rc auto e subisci un incidente, la tua polizza non c’entra un bel niente. Si attiva solo la Rc auto del responsabile del sinistro. Pertanto, hai diritto all’intero risarcimento, e anche tutto e in fretta. La compagnia del colpevole dell’incidente ti paga, perché sei vittima del sinistro.

Ma perché questa bufala? Anzitutto, pare che ci sia una qualche sentenza da qualche parte. Sentenza che non viene resa pubblica. Serve leggerla, analizzarla. L’interpretazione altrui, tendenziosa e capziosa, non m’interessa. Domanda: questa sentenza è della Corte Costituzionale? No. Per caso, è della Cassazione a Sezioni Unite? Neppure.

Ergo, con tutto il massimo possibile rispetto per il magistrato che l’ha emessa, non è fonte di diritto nel nostro ordinamento. Altrimenti, tutte le sentenze dovrebbero essere un precedente vincolante, col risultato di annullare qualsiasi legge. Eppoi cautela: la partita si gioca anche in appello e in Cassazione.

C’è un principio sacrosanto: se Tizio commette un illecito, ed è vittima di un altro illecito da parte di Caio, Tizio mantiene intatti i suoi diritti. Per intenderci, se Tizio ruba in casa di Sempronio, e poi subisce un furto da Caio, dev’essere risarcito da Caio per il furto che ha subìto.

Discorso diverso per il passeggero circolante sulla vettura che ha subìto l’incidente. Se con Rc auto, il trasportato si rivolge alla compagnia della macchina “vittima”. Se senza Rc auto, il trasportato si rivolge al Fondo vittime. Così era prima e così sarà anche in futuro. Qualora una sentenza dica questo, non fa nient’altro che riaffermare un principio di legge. Nessuna novità.

Cerchiamo di non portare fuori strada i consumatori con titoli tendenziosi e interpretazioni faziose: tutto resta come prima.

domenica 26 dicembre 2021

Da “Don’t Look Up” a “Non guardare i problemi dell’auto elettrica” il passo è breve

“Don’t Look Up” è tutto fuorché un film. Posso definirlo un documentario, un cinegiornale, una show teatrale. Una sorta di “Idiocracy” del futuro. Inoltre, non è per nulla divertente. Va visto a stomaco vuoto. Anche perché le straordinarie interpretazioni di Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Leonardo DiCaprio e Jonah Hill, nell’ordine, hanno un unico obiettivo: provocare nausea.

Superba (e più gnocca che mai) la Lawrence, con le sue innumerevoli espressioni facciali, spesso vestita come una pezzente e in generale poco curata. Uno schiaffo a tutte quelle mezze pippe di attricette che devono disperatamente esibire poppe e sederi per catturare l’attenzione di un pubblico maschile ormai assuefatto all’overdose di sesso.

Il bello di “Don’t Look Up” è che ogni spettatore lo interpreta a proprio modo. La lettura più frequente vuole che sia un avviso ai politici di oggi: non fate niente contro la catastrofe ambientale come i politici nella pellicola nulla fanno contro la fine del mondo annunciata dagli scienziati.

Può darsi. Ma c’è una seconda traduzione da non scartare. La battaglia a favore della salvezza del pianeta passa anche attraverso la transizione energetica e l’auto elettrica. Ce lo spiegano gli stessi politici. In tv, senza contraddittorio, parlano di decarbonizzazione. Parola che li rende fighi.

A quanto pare, non sarà una transizione graduale e fisiologica; ma imposta. La politica, d’un tratto, decide che il motore termico (per capirci, l’auto a benzina o diesel) deve morire entro una certa data. Per esempio, il 2035. La burocrazia, d’imperio, fa trangugiare la pillola amara al comparto industriale automotive: beccati l’auto elettrica e stai zitto.

Di contro, gran parte degli esponenti dei Gruppi automobilistici, nonché le stesse associazioni che spingono a favore dell’auto elettrica, più i sindacati, fanno notare alla politica che mancano le basi per uno sviluppo dell’auto elettrica. Non ci sono colonnine di ricarica a sufficienza, tantomeno stazioni per fare il pieno di elettroni in maniera rapida. E non esistono ancora una manodopera specializzata né un indotto preparato: si rischia una strage economico-sociale. In più, senza incentivi statali, un esercito di consumatori resterà senz'auto: i Costruttori investono somme immense e, per forza di cose, il prezzo di listino di quelle vetture è elevato.

Senza considerare che il problema si sposta: nel 2035, non inquiniamo più allo scarico (l’elettrica è a zero emissioni), ma sporchiamo quando produciamo energia elettrica. Che arriva da fonti molto inquinanti. Lo dice la scienza. E se la politica non ascolta la scienza, sono dolori.

Si fa allora notare alla politica che servirebbero fonti rinnovabili. Tradotto brutalmente, parchi eolici e solari, anzitutto. E anche in questo settore siamo gravemente indietro.

Viene poi spiegato ai politici che, se si imporrà anche la costruzione di parchi eolici e solari in certe aree, esploderà il fenomeno NIMBY. Ossia Not In My Back Yard. Cioè "Non nel mio cortile sul retro": la protesta da parte di membri di una comunità locale contro la realizzazione di opere pubbliche con impatto rilevante in un territorio. In sostanza, le pale eoliche te le metti nel tuo giardino; se no, ti faccio scoppiare un casino che neppure te lo immagini.

In "Don’t Look Up”, la politica impone di continuare a parlare di cretinate: se cerchi di introdurre argomenti più seri e intelligenti, passi per un rompiscatole da emarginare. Oggi, la politica sposta l'attenzione sulla bellezza dell'auto elettrica, non inquinante (allo scarico) e silenziosa. Il tutto condito dai monopattini elettrici e dalle piste ciclabili: bellissimo, verde, ecologico, un nuovo mondo meraviglioso con gli individui che ridono sempre. Se ti azzardi a mettere sul tavolo una questione attinente la nuova mobilità, divieni noioso, vecchio e petulante.

Per l’auto elettrica, il 2035 si avvicina. La politica ti dice di non guardare a tutto quello che ruota attorno all’auto elettrica: colonnine, fonti rinnovabili, consumatori appiedati, disoccupazione industriale. Così come il meteorite galoppava nello spazio verso la Terra coi politici che dicevano: “Don’t Look Up”.

mercoledì 15 dicembre 2021

La Cassazione stronca la polizza auto che taglia il risarcimento a chi va dal carrozziere indipendente

Impazza in queste ore online una presunta notizia. Ci sarebbe una “sentenza importante”. Che direbbe: legittima la riparazione dei danni nell’officina scelta dalla compagnia. Pseudo news semplice, lineare, chiara: fa presa e viene messa davanti al ventilatore del web che la spara ovunque.

Ma le cose stanno davvero così?

Un paio di precisazioni piccole piccole.

1) Non è una sentenza. Si tratta invece di un’ordinanza in provvedimento cautelare proposto da un gruppo di consumatori contro una clausola vessatoria. L’ordinanza citata in rete è stata poi reclamata e il collegio in sede di reclamo non ha confermato i motivi di merito (non ha detto affatto che la clausola sarebbe legittima). Ha solo respinto il cautelare contro la clausola vessatoria per questioni processuali. Infatti, nel corso del giudizio, era cambiato il Codice del Consumo: come ha detto il tribunale, era diminuita la possibilità di tutela per i consumatori con la nuova legge applicabile.

2) In questo provvedimento, si verifica prima il dato formale, cioè se c’è un pregiudizio grave e irreparabile, e poi si verifica il merito. La sentenza è stata confermata, ma riformata in sede di reclamo. Ed è rimasta in piedi solo per ragioni di forma. Questione di forma, non di merito, non di sostanza.

3) Veniamo alla sentenza definita “importante”. Qui si entra in un campo minato. Cosa è importante e cosa no? Tutto e il contrario di tutto. Maradona vince un Mondiale di calcio da solo: avvenimento importante per me. Ciccio, nipote di Pasticcio, partecipa a una partita fra scapoli e ammogliati cui assiste zia Pina: per nonno Pasquale, questo avvenimento è importante.

4) Vedete un po’ voi se può esserci qualcosa di più importante di quanto ha imposto a chiare lettere la Cassazione. Ripeto: la Cassazione. Sesta Sezione Civile, sottosezione prima. Con ordinanza freschissima. La numero 34950/2021 del 17 novembre. La quale conferma la sentenza del Tribunale di Torino 1097 del 2 marzo 2020: questa sì era una sentenza.

Sentiamo: è vessatoria la clausola che preveda un trattamento differenziato qualora la riparazione di un danno subìto a causa di un atto vandalico venga eseguita da un riparatore non convenzionato con la compagnia di assicurazione.

Tali clausole determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. In quanto il diverso trattamento dipendente dalla scelta della carrozzeria è all’evidenza correlato solo a un interesse della compagnia assicurativa, comportando una limitazione della libertà di contrattazione del consumatore.

La Cassazione conferma che anche una clausola in astratto riconducibile alla individuazione o specificazione del rischio garantito possa, in un contratto concluso tra professionista e consumatore, essere reputata vessatoria e quindi nulla dove, malgrado la buona fede, determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

5) Secondo la Corte di Giustizia, è vietato un accordo che abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.

6) L’Ivass (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni), nella Lettera al mercato del 24 luglio 2017, è entrato nel merito delle clausole che prevedono (a fronte di uno sconto sul premio non sempre precisato) il pagamento di una penale nel caso in cui l’assicurato, venendo meno all’impegno di rivolgersi ad un carrozziere convenzionato, si rivolga a un riparatore di fiducia.

Clausole del genere, dice l’Ivass, possono comportare uno squilibrio, talvolta significativo, dei diritti e dei doveri tra le parti all’interno del contratto, a svantaggio dell’assicurato, tale da farne presumere una possibile vessatorietà. Inoltre, l’applicazione di tali clausole, in molti casi, tende a prolungare i tempi di liquidazione dei danni derivanti dal sinistro.

7) Il legislatore nazionale, attraverso l’articolo 148, comma 11 bis, del Codice delle Assicurazioni, ha enunciato esplicitamente il diritto dell’assicurato di ottenere l’integrale risarcimento dei danni al veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia.

8) La legge Concorrenza 2017 fissa un principio meraviglioso: l’automobilista ha il diritto al pieno risarcimento. In regime di libero mercato. Potendosi rivolgere al libero carrozziere, indipendente.

Codesti i fatti. Se poi uno desidera abboccare a quanto scritto su taluni portali online, che lo faccia. Internet funziona in modo strano: se scrivi che l’uomo ha toccato il Sole con una navicella spaziale, quella notizia attrae, perché semplice e affascinante: un sacco di clic coi lettori sognanti. Pazienza che l’evento mai si sia verificato: una noiosa smentita.

domenica 14 novembre 2021

Passeggero maggiorenne senza casco su moto: doppia multa di 83 euro, paga anche il guidatore

Oggi, col nuovo Codice della Strada, se un passeggero maggiorenne è senza casco, le multe sono due: una al trasportato, di 83 euro; e una al guidatore, di 83 euro, più il taglio di 5 punti della patente. Ieri, invece, col vecchio Codice della Strada, se un passeggero maggiorenne era senza casco, la multa era una sola: al trasportato, di 83 euro. Lo stabilisce la legge di conversione del decreto Infrastrutture del Governo Draghi.

Se il passeggero senza casco è minorenne, il Codice della Strada non dice nulla: a mio avviso, due multe, ognuna di 83 euro. La prima al guidatore; la seconda al genitore del minorenne.

Se guidatore e passeggero, col trasportato senza casco, sono minorenni, il Codice della Strada è silente. A mio avviso, due multe, ognuna di 83 euro: una al genitore del minorenne che guidava; una al genitore del minorenne trasportato.

In più, sempre, qualora guidatore o passeggero di qualunque età siano senza casco, c’è il fermo amministrativo del veicolo per 60 giorni.

In caso di recidiva (due o più di queste infrazioni in due anni), multa più fermo del veicolo disposto per 90 giorni. La custodia del mezzo è affidata al proprietario.

Un consiglio per i motociclisti, al di là della usuale raccomandazione sulla sicurezza stradale: il casco salva la vita; chi viaggia senza è un cretino. Ieri i Comuni, beccando il passeggero senza casco, incassavano una multa (solo dal trasportato), Oggi, il bottino raddoppia: guidatore più passeggero. Chissà, magari è possibile che d’incanto i controlli si infittiscano.

Non cambia niente per l’auto, invece. Se il passeggero maggiorenne viaggia senza cintura, la multa la paga solo il trasportato stesso: 83 euro. Se il passeggero è minorenne, al solo guidatore viene appioppato il verbale, con taglio di 5 punti della patente.

domenica 10 ottobre 2021

Incidenti dei monopattini elettrici in Italia: stranieri alla guida nel 34% dei casi

Nel solo 2020, in Italia si sono verificati 565 incidenti che vedono coinvolti i monopattini elettrici. In 193 casi, a guidarli erano stranieri. Tradotto, il 34,2% dei sinistri con le tavolette a rotelle è causato da conducenti che arrivano da Bangladesh, Egitto, Filippine, Marocco e Perù. Lo dice l’Istat. Che aggiunge: con le bici, in percentuale, gli stranieri provocano meno sinistri.

Fin qui, i gelidi numeri. Una piccola riflessione personale: gli stranieri che hanno causato incidenti guidando i monopattini elettrici sono del tutto innocenti. Idem gli italiani. E qualunque essere vivente del globo terracqueo, finanche gli ET provenienti da Marte o Venere, di qualsiasi estrazione sociale e culturale, con un qualsivoglia colore della pelle e orientamento sessuale. Non c'entrano discorsi di questo tipo.

Piuttosto, si è data loro la possibilità di muoversi con elevatissima velocità, senza patente né assicurazione né obbligo di revisione. Hanno modo di scorrazzare facendo marameo alle telecamere, le quali stangano i veicoli con la targa, non certo i monopattini.

Il cocktail è bestiale: in assenza totale di lavoro, molti stranieri diventano rider. Devi correre, consegnare in fretta: più pizze porti a destinazione, più guadagni. Hai dentro un’ansia terribile, così ti sposti a mille all’ora sul monopattino elettrico. Nelle città, sempre più consegne a domicilio per i servizi di ristorazione avvengono tramite quegli strumenti di micromobilità urbana a corrente. Bisogna mettersi nei loro panni. Ribadisco: sono innocenti.

Attenzione perché trattasi di numeri destinati a lievitare: chi è appiedato e vede sfilare qualcuno su monopattino cade in tentazione. O lo compra o lo prende a noleggio. Pare opportuno evidenziare che nel 2021 si vola al ritmo di oltre un morto al mese su monopattino. Innumerevoli i feriti, che sfuggono alle statistiche in quanto le Forze dell'ordine vengono chiamate a intervenire solo per lesioni molto gravi.

Come uscirne? Qualcuno vuole un giro di vite. Magari quello stesso qualcuno che ha fatto di tutto per introdurre i monopattini elettrici. Ma, se un domani dovessero arrivare nuove regole più dure, non servirebbero assolutamente a nulla.

Oggi, la legge dice: devi rispettare il semaforo e il Codice della Strada, non circolare sul marciapiede, usare il casco se sei minorenne, non elaborare il monopattino rendendolo più potente. Oggi, molti non rispettano il semaforo e il Codice della Strada, circolano sul marciapiede, non usano il casco se minorenni, elaborano il monopattino rendendolo più potente. Perché? Perché mancano i controlli. Le normative già ci sono, e pure troppe: caotiche e disordinate. Nuove regole creerebbero solo altra confusione.

sabato 4 settembre 2021

Fuga da Alcaraz: incubo di Tsitsipas, stroncato da un fenomeno allo US Open (video)

In “Fuga da Alcatraz”, uno strepitoso Clint Eastwood (Frank Morris) è condannato all'ergastolo in una delle prigioni più brutali e disumane del pianeta: Alcatraz. In Fuga da Alcaraz, Stefanos Tsitsipas, formidabile tennista greco, 23enne numero 3 del mondo, cerca disperatamente di scappare da un penitenziario particolare. Trattasi di una galera ideata da Carlos Alcaraz, nuovo fenomeno 18enne del tennis mondiale. Nei suoi ripetuti e vani tentativi di evasione, Tsitsipas viene puntualmente ripescato nell’oceano, per essere ricondotto dietro le sbarre.

Allo US Open, terzo turno, è andato in onda un film che ha visto prevalere Alcaraz al quinto set, dopo una guerra all’Artur Ashe Stadium, finita 6-3 4-6 7-6 (7-2) 0-6 7-6 (7-5). Geniale la strategia messa in atto dal ragazzo iberico, che nel quarto parziale ha respirato a fondo, eseguendo piccoli esercizi di allungamento muscolare alle gambe e decontraendosi, per poi dare libero sfogo alla sua prepotenza atletica nella quinta frazione.

Il ragazzo di El Palmar è un tennista divertentissimo, dotato di un dritto assassino. Una rasoiata col braccio che viaggia alla velocità della luce. Una via di mezzo fra il dritto devastante di del Potro e quello di González, detto anche mano di pietra. Un'arma di devastazione, quella del giovane della Murcia, che arriva a sventaglio, con poco margine sopra il net. Lo sparo al fulmicotone parte anche dal centro del campo, incrociato. Alacaraz ama pure il dritto in corsa, una fucilata illeggibile.

In quel dritto di Carlos, non c’è il lieve spin di Federer né la frustata di Andy Roddick. Non è neppure il gancio di Nadal. Il risultato del colpo di Alacaraz è uno scaldabagno che ti arriva in faccia, difficile da gestire e interpretare.

Notevole il rovescio bimane, che ricorda quello del suo attuale allenatore, Juan Carlos Ferrero. Deliziosi i tocchi sotto rete. Cattiva e velenosa la seconda di servizio, lavoratissima e profonda. Qualcosa da rivedere sulle percentuali delle prime di servizio: talvolta, la lunghezza eccessiva del colpo è dovuta alla mancata pronazione finale del polso.

Certo che Tsitsipas, insistendo così tanto nel gioco incrociato, alla fine quel rovescio di Alcaraz è andato proprio a renderlo bollente: gliel’ha allenato a tal punto che l’iberico nel quinto set era pronto per spaccare il globo terracqueo.

Ma la caratteristica fondamentale di Alcaraz è che cattura l’attenzione durante il gioco: estroso, pieno di inventiva, con quei suoi 185 cm che porta a spasso per il campo in modo leggiadro. Pochissimi i rimbalzi compiuti a terra dalla pallina prima del lancio per il servizio: non ti annoia, a differenza di quei giocatori che ti fanno addormentare, sforando abbondantemente il tempo a disposizione, con la compiacenza degli arbitri. Il nuovo mostro iberico, col volto ancora segnato da acne juvenilis, ispira simpatia, seppure qualche avversario possa non gradire eccessivamente qualche esultanza calda dopo i punti vincenti.

Impossibile prevedere quale possa essere la collocazione esatta di questo UFO arrivato dalla Spagna. A naso, opto per le seguenti quattro categorie. Primo: un grande campione, come Ivan Lendl. Secondo: un fuoriclasse, come John McEnroe. Terzo: un fenomeno, come Pete Sampras. Quarto: un dio dell’Olimpo, come Federer, Djokovic e Nadal (nell’ordine dal più forte). Se mai dovesse migliorare la prima di servizio, non escludo che possa raggiungere i magnifici tre. Con una postilla chiave: Alcarez è dieci volte più spettacolare di Djokovic e Nadal, mentre reputo irraggiungibile e ineguagliabile Roger.




giovedì 5 agosto 2021

Obbligo assicurazione Rc auto in aree private: bufala

In queste ore, va di moda una fake news: la Cassazione (21983/2021, sezioni unite) avrebbe introdotto l’obbligo assicurazione Rc auto in aree private. La bufala arriva da un (ex) grande giornale, poi ripresa da decine di siti e forum che si scopiazzano. Internet versione monnezza, scritta da scimpanzé ammaestrati all’uopo, pagati un gelato a sei mesi di distanza.

Non è vero per niente. La Cassazione ha solo detto che, se un’auto assicurata cagiona un danno, anche in area privata (per esempio, un cortile), allora la compagnia deve risarcire i danni alla vittima. Tutto nasce da un sinistro mortale con l’impresa assicuratrice che non voleva tirare fuori un euro. Dopo anni di battaglia legale, la compagnia ha perso; i familiari della vittima hanno vinto.

Qualche legale di qualche compagnia, evidentemente seccato per la sconfitta, ha preso la sentenza della Cassazione e l’ha interpretata nel seguente modo: Rc auto obbligatoria nelle aree private.

Assolutamente no. Se io circolo o parcheggio l’auto su strada pubblica, ho l’obbligo di Rca. Se io lascio la vettura nel box, sempre chiusa lì dentro, oggi non ho l’obbligo di assicurazione. Lo dice l’articolo 122 del Codice delle assicurazioni: i veicoli a motore senza guida di rotaie non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi. L'assicurazione comprende la responsabilità per i danni alla persona causati ai trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto.

Ecco il passaggio chiave della sentenza: “Nel prendere atto dell’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale a quest’ultimo riguardo rilevano non solo le strade di uso pubblico, ma anche le proprietà che ancorché di natura privata siano aperte all’utilizzazione da parte di un numero indeterminato di persone (anche) diverse dai titolari di diritti su di essa cui sia data la possibilità…”.

Ma perché mai quella interpretazione sbagliata della sentenza della Cassazione? Facile: l’obiettivo dichiarato dalle compagnie è estendere l’obbligo di Rc auto sempre e comunque, dovunque. Il fatto è che la legge non dice questo. Finché la legge dice diversamente, nessuna interpretazione scorretta delle sentenze della Cassazione potrà cambiare mai le regole d’imperio.

La verità è che in quella sentenza della Cassazione c’è una sconfitta per l’assicurazione, la quale non voleva pagare i danni per un bimbo investito su una rampa di un garage: il piccino è morto.

Attenzione perché non è la prima volta. Già in passato, qualcuno ha scritto che, senza la prova strumentale della lesione fisica, questa non può essere risarcita. Qualcun altro ha anche affermato che ci sia l’obbligo di rivolgersi ai carrozzieri convenzionati. Favole. Sono desideri delle lobby assicuratrici, non certo realtà di fatto.

lunedì 2 agosto 2021

Annunciare gli incentivi: schiaffone che il settore auto non merita

A giugno, la politica ha iniziato ad annunciare nuovi incentivi per le auto a benzina o diesel, le uniche acquistabili a prezzi cristiani, giacché le elettriche risultano care come il fuoco, causa investimenti massicci dei Costruttori. Da quel momento, il più sprovveduto dei consumatori e dei potenziali acquirenti di macchine termiche nuove, si è piazzato in poltrona a braccia conserte. In attesa degli ecobonus. Drammatico il risultato di luglio, con uno sprofondo rosso storico: vedi alVolante qui.

Ovvio. A luglio, sono un potenziale acquirente di una vettura che costa 20.000 euro. So che ad agosto arriveranno incentivi e che quindi potrò comprare quel bene a 17.000 euro. Perché mai dovrei buttare nel gabinetto 3.000 euro?

Il problema si ripete nel corso degli anni. Il Governo emana un decreto, che non contiene incentivi. Arrivano gli emendamenti che poi il Parlamento dovrà approvare. Fra l’annuncio dei bonus e l’effettiva partenza della campagna rottamazione passano un paio di mesi, durante i quali il mercato auto si spompa. Per poi rigonfiarsi in parte dal giorno in cui il gettone statale è effettivo. Un parto straziante, che dà vita a un mostriciattolo: due spiccioli messi in croce, destinati a esaurirsi in brevissimo tempo, col consumatore giustamente a caccia di auto a benzina o diesel, in assenza di un rete capillare di colonnine di ricarica elettrica.

Gli incentivi si fanno, non si annunciano. E si fanno con un sano progetto legge organico (da approvare in fretta), mirato solo ed esclusivamente su un pilastro dell’economia come l’auto: 10 miliardi di euro sul piatto, come nelle altre nazioni evolute. Anche a favore di auto a benzina o a gasolio, grazie alle quali la politica stessa vive e vegeta: due terzi di un rifornimento di benzina o diesel vengono bruciati in accise, inclusa l’IVA, ossia l’Imposta su altre tasse. Quattrini che poi la politica gestisce. Senza contare gli euro in quantità industriale che entrano nelle casse delle Regioni con il bollo (tassa di proprietà) e delle Province (ma non dovevano morire?) con la famigerata IPT, Imposta provinciale di trascrizione.

Gli ecobonus annunciati non rispettano le Case automobilistiche, le concessionarie, gli addetti delle fabbriche e dell’indotto, né gli stessi cittadini: nessuno può programmare uno straccio di niente. Le aziende, in particolare, non hanno modo di organizzare un piano di rilancio con campagne aggressive. Oltretutto, non fai neppure in tempo a spingere a favore dell’acquisto, che il bonus è già stato divorato.

Due parole sulla massima erezione agonistica di chi si emoziona tanto per gli sfavillanti numeri delle auto elettriche. Oggi, l’italiano compra la macchina a batteria perché, dando dentro quello sporco macinino over 10 anni, ottiene uno sconto di 10.000 euro. Attenzione, anche i fondi delle macchine a corrente finiranno, e pure piuttosto presto. Ci sarà un ammosciamento generalizzato, una scossa alla rovescia.

Con un tremendo effetto Cuba, specie al Sud Italia: un esercito di auto stra-usate e pericolose, molto inquinanti, “bombe” per la sicurezza stradale e per le polizze Rca, che viaggeranno indisturbate lungo lo Stivale, con punte a Napoli e Caserta.

Se infatti la Commissione europea, nel suo delirio verde, intende obbligare le Case a produrre solo elettriche dal 2035, comunque lascia spazio alla compravendita di antiquati benzina e diesel, soprattutto nel nostro Meridione. Dal Green Deal al Nightmare Deal.

sabato 31 luglio 2021

Strage dei monopattini elettrici: allucinante mobilità di politici irresponsabili

Lido di Classe (riviera romagnola), 4 del mattino di giovedì: in viale Vespucci, un passante nota un uomo a terra accanto a un monopattino elettrico, e lancia l'allarme. Arrivano i soccorritori e constatano il decesso della vittima. Per i rilievi del caso sono intervenuti i Carabinieri di Cervia-Milano Marittima. Questo è il terzo morto su monopattino in Italia dal 2020.

Facciamo un passo indietro. Milano, martedì sera, in piazza San Babila, pieno centro: una ragazza di 21 anni che si trova a bordo di un monopattino elettrico perde il controllo del mezzo e cade rovinosamente. Ambulanza e trasporto in codice rosso. Condizioni serie, ma fortunatamente vita non in pericolo. Poco dopo, verso l'una, in via Cenisio, un 24enne, anche lui a bordo di un monopattino, cade malissimo e si ferisce.

Sono storie dell’ordinaria strage dei monopattini elettrici. Di chi la colpa? Di certo non dei produttori, che fanno il loro lavoro, ossia macinare profitti vendendo questi giocattolini. Di per sé innocui. Sono allegri strumenti per scorrazzare in armonia con i passerotti e la natura tutta nei giardinetti.

La colpa non è neppure delle società di sharing: monopattini in condivisione. Hanno fiutato l’affare e cercano di intercettare il fenomeno.

La colpa non è nemmeno di coloro che li usano. Sono menti deboli, vengono rimbambiti da qualcuno che va in tv a parlare di mobilità del futuro. Pensano di essere “verdi” e di far risparmiare risorse ed energie all’umanità: in realtà, fra costi sociali per soccorsi e cure, innalzamento dei prezzi Rc auto visto il pericolo in strada delle tavolette, spese per fare e rifare le piste ciclabili loro dedicate, crescita delle emissioni inquinanti causa maggiore traffico dovuto proprio a quelle ciclabili, questi signori richiedono investimenti fortissimi. Ci sarebbe pure da ragionare sul prezzo che la natura paga per produrre e smaltire le batterie di quei cosi, ma andrei per le lunghe.

Dovrebbero fare una seria riflessione invece i politici che hanno spinto in modo irresponsabile per la diffusione dei monopattini elettrici. Sono oggetti pericolosi nei nostri contesti. Per giunta, i monopattini elettrici sono stati equiparati alle bici il 1° gennaio 2020. Fa sorridere anche il possibile disegno legge con un giro di vite: multe più pesanti e regole più stringenti. Che cosa ce ne facciamo?

Non ci sono controlli su strada da parte delle Forze dell’ordine, che nulla possono perché impegnate in altro. Le telecamere beccano le infrazioni di scooter e auto, dotate di targhe. Mentre i monopattini elettrici sono anonimi, silenziosi, sfuggenti. Tanto da essere sempre più adorati dai ladri: ti avvicini in monopattino, fai il colpo, e ti dilegui senza che nessuno possa acchiapparti.

Puoi anche piazzare 10.000 euro di multa ma, senza le verifiche sul campo, quelle ammende sono inutili. Oltretutto, la dimensione del fenomeno incidenti e violazioni sfugge: senza controlli, senza database, senza targhe, non riesci a contabilizzare sinistri e feriti. Quelli noti (dati Asaps, Amici Polstrada) sono attorno a 130 l’anno, ma trattasi di stima enormemente al ribasso rispetto al vero. Senza considerare una certa pigrizia dei Comuni, che sono restii a fornire i veri numeri, quegli stessi Comuni i quali hanno disegnato ovunque piste ciclabili.

Dopodiché, andrebbe anche stroncato quanto prima il fenomeno del monopattino con sellino: non si può. Se metti il sellino, allora servono targa e assicurazione, per legge. Occhio pure ai monopattini elaborati, che schizzano come razzi rendendo tanto felici ebeti da rinchiudere.

La soluzione è una: la responsabilizzazione della politica. Un’ammissione di colpa: abbiamo sbagliato, ci fermiamo. Come sta avvenendo altrove. Perché qui questo non succede? Perché il monopattinista medio vota quel politico. Se gli togli il giocattolo, lui ti toglie il voto. Poi tocca lavorare per davvero.

Chiosa sui monopattinisti aggressivi: diventano feroci contro i pedoni sui marciapiedi (specie i deboli, i disabili, gli anziani, i claudicanti), lì dove non possono circolare; spesso in due sulla tavoletta, comportamento vietatissimo. Sono gli ultra moderni pirati della strada della nuova mobilità sporca e violenta.

giovedì 6 maggio 2021

“Quello che rimane della notte” di Davide Romano: il lettore rimane affascinato

Stragi del sabato sera, improvvise crisi cardiache, stati di incoscienza, gravi infortuni: chi può davvero capire il mondo della notte in Italia? Forze dell’ordine e personale sanitario, fra gli altri. E allora chi meglio di Davide Romano, agente di Polizia locale a Novate Milanese (Comune a Nord del capoluogo meneghino) nonché soccorritore volontario che opera sui mezzi di soccorso, ha modo di scriverne? Nel suo “Quello che rimane della notte” (Chiado Editore), Romano non si limita a raccontare le personali esperienze sul campo, ma trasforma le drammatiche vicende alle quali ha assistito in un romanzo d’amore trascendente.

Nelle notti vissute fra ambulanze, strade teatri di incidenti, case in cui si soffre davvero, Romano viaggia nella coscienze degli uomini. Proprio in quei momenti, emergono aspetti profondi e talvolta inattesi delle personalità. In un attimo, si passa dall’universo gelido di una sera d’inverno con pioggia e nebbia, all’inferno dell’animo di chi viene annientato da angosce e dolori. Vacanze, soldi da spendere a più non posso, oggetti, vanità: tutto finisce nel falò dell’inutile.

Ti affidi al tuo dio (se ci credi), alla provvidenza, al fato. Preghi o rivolgi pensieri ai tuoi cari che dall’aldilà possano darti forza.

Resta al soccorritore l’arduo compito di portare amore e speranza nel cuore di chi vive le notti nelle tenebre del pianto. La solidarietà umana per riemergere dal buio, ancor più attuale oggi che si combatte contro un nemico subdolo e per larghi tratti sconosciuto come il Covid.

Dall’infinito pozzo delle sue energie morali, in “Quello che rimane della notte”, Romano fa rimanere il lettore affascinato. In un vortice di emozioni. Non turbato dai racconti. Impossibile, in quest’epoca di telegiornali scadenzati da bollettini di guerra (e di serie tv pregne di violenza illimitata). Dal romanzo di Davide, si esce arricchiti spiritualmente.

sabato 23 gennaio 2021

Un Governo Conte più attento ai monopattini che all’automotive

Trecentoquindici milioni di euro per i monopattini elettrici: incentivi per tavolette fatte perlopiù in Cina. Il Governo Conte è scatenato quando si tratta di Reddito di cittadinanza e monopattini: una montagna di denaro, più il ministero dell’Ambiente che, dopo i 215 milioni stanziati nel 2020, ha fatto di tutto per mettere sul piatto altri 100 milioni. Quattrini miscelati con una sequela di click day fallimentari, ritardi nei rimborsi a chi compra bici e monopattini, annunci ansiogeni sui mass media amici, SpidPoste in tilt e liste d’attesa lunghe quanto quelle che si formano alle mense dei poveri delle nostre metropoli. Un caos mai visto, condito dallo scontrino parlante che attesti la tipologia di bene o servizio acquistato.

Coi monopattini (di per sé aggeggini innocui) la sicurezza stradale è peggiorata, visto che si viaggia al ritmo infernale di un incidente al giorno nella sola Milano. Avrebbero dovuto sostituire in parte i mezzi pubblici, limitando le infezioni da Covid, col risultato che invece la pandemia continua a mordere la nazione.

L’auspicio è che, quando l’Unione europea esaminerà le misure prese da grillini e pieddini e il piano di rinascita, sia un po’ distratto dall’arrivo della primavera.

Nel frattempo, in Italia, nel settore automotive, succede qualcosuccia. FCA e PSA si fondono in Stellantis. Parliamo di un settore che dà lavoro (orrore) e fa crescere l’economia nazionale (disgusto). La filiera produttiva automotive in Italia vede all’opera 5546 imprese, 278.000 addetti (diretti e indiretti), più del 7% degli occupati del settore manifatturiero italiano, con 106 miliardi di euro di fatturato, pari all’11% del fatturato della manifattura in Italia e al 6,2% del PIL italiano. Oltre a 76,3 miliardi di prelievo fiscale sulla motorizzazione: ossigeno per casse esauste.

Un paio di premesse. Il Governo (tramite sudatissimi emendamenti a progetti legge) ha stanziato incentivi per l’auto: poca roba, specie in rapporto agli 8 miliardi della Francia e agli sgravi fiscali fortissimi della Germania, solo per fare due esempi. Inoltre, FCA Italia (come numerosissime altre aziende) ha ricevuto un prestito in parte garantito grazie alle misure dell’Esecutivo in pandemia.

Ma chi lancia l’allarme “Esecutivo distratto”? Qualche fascistoide, un fanatico di estrema destra che vuole criticare a tutti i costi il Governo M5S-Pd? No. Il segretario nazionale e responsabile automotive della Fiom-Cgil, Michele De Palma. Lo ha fatto alla trasmissione Omnibus di La7.

Per intenderci, la Fiom è la Federazione impiegati operai metallurgici, il sindacato dei lavoratori operanti nelle imprese metalmeccaniche. Fa capo alla Confederazione generale italiana del lavoro. È il più antico sindacato industriale italiano, nato a Livorno (non in una birreria di Berlino) nel 1901. Mentre De Palma negli anni 1990 ha fatto parte del movimento studentesco. E, negli anni 2000, dei movimenti antiglobalizzazione e pacifisti, coordinatore nazionale dei giovani del Prc. Negli anni d’oro di Marchionne, De Palma ha avuto col grande manager scontri durissimi.

Riassumo a punti.

1) “In pandemia, un funzionario dell'ambasciata francese ci ha chiesto un incontro per uno scambio di idee su che cosa pensava la Fiom delle questioni che riguardano l'automotive. Io, invece, ho dovuto fare appelli in tutte le sedi e scrivere lettere formali al Governo per avere possibilità di interloquire. Le nostre idee possono essere sbagliate, le peggiori, ma si dovrebbe fare sistema.

2) “I francesi ci hanno chiesto cosa ne pensiamo degli interventi che andrebbero fatti per l'auto. Abbiamo presentato le nostre proposte, sul settore automotive, che riguardano il nostro sistema Paese, ovviamente. Il nostro Governo non ci ha chiesto nulla.

3) "I francesi hanno definito un piano per l'auto, i tedeschi hanno presentato un loro piano. Noi non abbiamo un piano. Noi abbiamo varato i bonus, loro invece politiche per riportare la filiera dell'auto all'interno del proprio sistema Paese".

Questa la fonte.