sabato 30 ottobre 2010

La Juve fa il bunga bunga al Milan. L’Inter ha cinque ragioni per essere l’unica a godere

Il primo bunga è di Quagliarella. Il secondo bunga è di Del Piero.

1) È cosa buona e giusta che la Juve abbia battuto il Milan, perché io voglio arrivare al derby sopra i rossoneri: desidero giocarmi la stracittadina in relax. Se perdiamo, restiamo nel gruppone. E poi è ormai una tradizione essere davanti al Diavolo. La Juve resta lontana: al momento il vero avversario dell’Inter si chiama Lazio, perché non ha preoccupazioni europee durante la settimana.

2) Ho contato 30 azioni da gol. Interessanti i commenti degli addetti ai lavori: "Si vede che le due squadre sono in emergenza, e così spiegano i buchi in difesa". Strano, dell’emergenza Inter non parla nessuno. Eppure è la più infortunata del campionato.

3) Il Milan è ancora alla ricerca dell’undici titolare. Siamo sicuri che Ronaldinho e Seedorf e Ambrosini e Inzaghi debbano stare fuori? Ora vedremo la compattezza dello spogliatoio rossonero dopo questa sconfitta: le rogne, come in tutte le squadre (Inter inclusa) vengono fuori quando si perde.

4) Allegri conferma di essere allergico ai grandi match: vedi Real Madrid e Juve. Boateng a sinistra è un’invenzione boomerang.

5)
Il Milan, a Napoli, doveva pareggiare. Nessuno ha fatto una pieghina sul fatto che Papa (o come cavolo si chiama il giocatore greco rossonero) non sia stato espulso.

Postilla scherzosa. Aggiornamento di domenica 31 ottobre. Il post è stato scritto sabato, subito dopo la partita. Oggi, domenica, ecco il titolo della Gazzetta, in basso. Col riferimento al bunga bunga. Ci leggono, ci leggono! 

                                                                                                                   

martedì 26 ottobre 2010

Pericolo: il Milan di Allegri ha rubato il contropiede all’Inter di Benitez

Qual è il tipo di gioco migliore al mondo? Quello che ti fa vincere. Il resto sono chiacchiere da dare in pasto ai fessi: il possesso palla, il pressing, le ali per crossare. Al massimo, sono concetti applicabili se in squadra hai Gullit e Van Basten, con Franco Baresi e Maldini alle spalle. Puoi schiacciare il Liverpool a San Siro se hai Mazzola e Jair, con Burgnich e Facchetti in copertura. Ti permetti i ricami se davanti proponi Messi, e a centrocampo Xavi e Iniesta. Ma se disponi di Chivu in difesa a sinistra, e di un’ala che si chiama Biabiany, allora devi adeguarti al materiale tecnico e atletico, che è medio-basso.

Invece, l’errore madornale di Benitez sta nel cercare in maniera ossessiva di tenere la palla, di produrre gioco, di attaccare con la difesa avversaria schierata. È quanto accaduto durante Inter-Samp 1-1. I doriani, con intelligenza, hanno lasciato fare, e poi al momento giusto si sono fatti sentire con Cassano.

Ho notato anche un Benitez ingessato dal punto di vista tattico per tutta la partita contro la Samp. Non un guizzo, non un’invenzione, non un tentativo di cambiare l’inerzia del match.

Francamente, a me di quella percentuale elevatissima di possesso palla non importa un tubo. Vorrei arrivare in porta con tre passaggi tre. Chiaro che il compito è più facile in trasferta, piuttosto che a San Siro, dove ti attendono in 11 dietro la sfera, a protezione della porta. Tuttavia esiste anche la via di mezzo, l’astuzia: si concede un minimo di iniziativa agli altri, per recuperare e ripartire in velocità.

Ce l’ha insegnato l’Inter la scorsa stagione, sia con le grandi squadre sia con le medie e piccole.

Ma il vero guaio è che il Milan ha rubato l’idea all’Inter. Dopo anni di sterile possesso palla, un estenuante tic-toc che faceva ridere, adesso arriva in porta con pochi passaggi: vedi Napoli-Milan. I rossoneri sono pericolosissimi, a meno che incontrino una squadra con la capacità di imprimere accelerazioni improvvise come il Real Madrid.

Non boccio Benitez. D’altronde anche Roberto Mancini, i primi tempi, esagerava con la ricerca del bel gioco, che fruttava innumerevoli pareggi. E Mourinho volle iniziare, il primo anno, con due ali larghissime. Sia il Mancio sia il profeta di Setubal dimostrarono di possedere lucidità mentale, capacità tattiche e umiltà (sì, anche il Mou) tali da effettuare una rapida retromarcia e da trovare l’equilibrio. Adesso Rafa sta prendendo le misure. Non ci voglio credere che sia così masochista da beccarsi altre pappine in contropiede. Aspetterà il recupero degli infortunati, avrà i due acquisti nel mercato di riparazione e darà un assetto vincente alla squadra.

Per carità: spero di non sentir più parlare di bel pareggio perché la squadra ha giocato bene e ha tenuto tanto la palla. Ne ho già piene le scatole di questa “nuova filosofia di gioco” e della “rivoluzione culturale”. Mi bastano e avanzano due contropiede letali in 90 minuti: porto a casa il risultato e godo.

L’Inter di adesso mi pare un ragazzo che corteggia le fanciulle senza arrivare al dunque: le rimbambisce di parole, le riempie di fiori e cioccolatini. Poi a malapena ottiene un ciao. Serve un’Inter che, con due sorrisi e una battuta, strappa un bacio in fretta. L’obiettivo non è fare 30 azioni avvolgenti con tutti i centrocampisti che toccano la palla; è sufficiente un passaggio in profondità e un gol. Il capolavoro di Londra, con Sneijder che la mette in profondità per Eto’o dev’essere l’opera d’arte cui si ispira l’Inter. La prima rete di Milito al Bayern, col lancio di Julio Cesar e l’assist dei Wesley, è la fonte cui abbeverarsi.

Tanto di cappello ad Allegri, che ci copia: l'Inter di Mourinho è l'esempio da seguire.

Altro argomento scottante: i “toni moderati di Benitez”, che si è limitato a commentare con estrema tranquillità l’errore dell’assistente durante Inter-Samp: fallo netto di Cassano su Chivu. Scommetto che non gli è mai capitato uno scherzetto del genere, né a Valencia né a Liverpool: mentre tu attacchi, a casa tua, l’attaccante avversario commette fallo, si volta a guardare l’assistente e prendi gol. Questa è l’Inter. Al contrario, alla Juve regalano un rigore per una simulazione senza precedenti di Krasic, e il Milan è tutto fuorché sfortunato a Napoli: sempre in 11. Simpatica la svista di Rizzoli su Papastathopoulos: già ammonito, il difensore rossonero ha steso di brutto Lavezzi al limite. Manca un giallo e la relativa espulsione. Si può dire, o i toni non sono più moderati?

Chissà cosa aspetta Rafa a piantare dentro un bel casino: forse un derby giocato in nove. Tutti quei silenzi, il mancato intervento a gamba tesa per denunciare l’errore, ammosciano l’Inter. Che storicamente necessita di ricariche di adrenalina per restare pimpante. Magari entro Natale Benitez se ne renderà conto.

[Nella foto, la mia "filosofia di gioco": in 11 davanti alla porta, due contropiede e 2-0. Vi ricordate come schiumava rabbia Van Gaal dopo Inter-Bayern per la tattica di Mourinho? Ecco, sempre così!]                                                                                                                                                                                                

giovedì 21 ottobre 2010

Inter-Tottenham 4-3: un’esaltante Banda Bassotti. Coutinho è il loro re

Bianiany, Coutinho, Sneijder: la Banda Bassotti. Sono sfiziosi, veloci, fantasiosi. Bianiany ha l’allungo sui 20 metri che fa paura, Coutinho dispone di piede delicatissimo per l’assist vincente, Sneijder è una trottola inarrivabile che gioca coi due piedi. È un’Inter pirotecnica, con quei tre nanerottoli che hanno incantato.

L’Inter della Banda Bassotti mi ha divertito da pazzi. Quattro a zero e partita che pareva finita. Poi un calo di tensione comprensibile. E che diamine, serviva dare spettacolo…

Tecnicamente, la giocata che più mi ha impressionato è stato il passaggio divino di Coutinho a Eto’o per il 4-0. Che tocco delicato il brasiliano: mi ricorda tantissimo Zico. Non male anche quei due contrasti vinti dal carioca.

È solo la mia umile opinione, da interista verace: dei tre della Banda Bassotti, Coutinho è il più dotato. Mai visto uno così a 18 anni. Se Benitez insiste sul genietto nerazzurro, dimostra di essere coraggioso.

E quando arriverà anche il gol, acquisirà maggiore sicurezza e spigliatezza. Certo, deve adeguarsi a partire quasi sempre da esterno sinistro (al centro Sneijder è intoccabile); ma va bene anche così: l’importante è non vederlo mai a destra.                                                                                                                                                                                                          

domenica 17 ottobre 2010

Cagliari-Inter 0-1. Pagelle: Julio Cesar tigre da 8; Eto’o cobra da 8,5

Julio Cesar 8. Esce due volte alla grande di piede. All’inizio del secondo tempo, il doppio miracolo a distanza di tre secondi è da far vedere nelle scuole calcio ai piccoli portieri in erba. Reattività neuromuscolare di una tigre.

Maicon 6,5. Il Colosso m’è piaciuto più in fase di contenimento che di spinta. Tornerà ai suoi livelli.

Samuel 6,5. La roccia in mezzo all’area se la vede soprattutto con Nené. Esce vincente.

Lucio 7. Una battaglia personale con Matri, che parla tantissimo con l’arbitro, si lamenta per 95 minuti, ha la tendenza inzaghiana di lasciarsi cadere a terra. Il brasiliano mantiene altissima la concentrazione.

Chivu 6,5. Mi è parso atleticamente più in palla. Ha spinto parecchio a sinistra, perdendo raramente la sfera.

Stankovic 7. Corre per quattro, combatte, fa da frangiflutti per un’ora e mezzo.

Zanetti 6,5. Lavoro oscuro, ma con ordine e precisione.

Biabiany 6. Piazza qualche spunto in velocità. Ma è discontinuo e tende a nascondersi. Un valido contropiedista. Per ora, negli spazi stretti e con la difesa schierata, è inutile.

Sneijder 6,5. Sbaglia più del solito. Però è bravissimo a intercettare il rinvio della difesa del Cagliari e a porgere la biglia a Eto'o sul gol. Chiude sulle ginocchia.

Coutinho 6,5. Un tiro dopo uno scambio, un dribbling nello stretto con falciatura da dietro. Assaggia scarpate e spinte. Si abituerà al calcio europeo, e diverrà il nuovo Zico. Nel guizzo sui primi metri è meraviglioso.

Eto’o 8,5 [foto via Inter]. Prodezza assoluta sul gol: la mette giù di destro, si gira, se l'aggiusta ancora di destro, la spara angolata di sinistro. Un cobra: tanto veloce quanto cattivo. Tutto l’attacco sulle sue spalle.                                                                                                                                                                                                       

lunedì 11 ottobre 2010

Il paracadute di Moratti se Benitez si rivela un flop: Messi più Guardiola



“A gennaio arriva Messi”: cosa c’è di vero nella battuta di Moratti?

Io la vedo così.

a) Moratti è stato costretto a scegliere Benitez, perché si sarebbe tenuto volentieri Mourinho.

b) È sicuramente presto per esprimere un giudizio sul buon Rafa, tuttavia il mio istinto mi porta a pensare che il Petroliere abbia già pensato a un paracadute, casomai l’hombre circolar dovesse fallire: Messi più Guardiola.

c) In ogni caso, se ne parla la prossima estate. Non a gennaio, a mio giudizio.

E ora, ipotizzando l’arrivo di Messi, la nuova classifica dei 20 più forti di ogni tempo con la maglia nerazzurra:

1) Messi;

2) Ronaldo;

3) Meazza;

4) Mazzola;

5) Suarez;

6) Corso;

7) Sneijder;

8) Eto’o;

9) Boninsegna;

10) Jair;

11) Matthäus;

12) Maicon;

13) Milito;

14) Nyers;

15) Skoglund;

16) Zenga;

17) Altobelli;

18) Ibrahimovic;

19) Facchetti;

20) Lorenzi.

È una classifica provvisoria: lo stesso Messi, ma anche Snejider, Eto’o, Maicon e Ibrahimovic possono guadagnare punti.

[Nella foto flickr di horiavarlan, Messi in volo su San Siro in caso di flop di Benitez]                                                   

domenica 10 ottobre 2010

Il doping nel calcio: seppellito dalle registrazioni telefoniche

Facciamo finta che una squadra abbia numerosi e importanti componenti con oscillazioni dell’ematocrito che farebbero impallidire Ben Johnson. Può quella squadra essere inchiodata in tribunale? Solo se c’è un protocollo Epo-Cera. Come nel ciclismo. Senza cromatografia della sostanza in questione, quella stessa sostanza non può saltare fuori: delle analisi ematiche non te ne fai niente.

Facciamo finta che, quando i giudici interrogano i calciatori, questi dicano di non ricordare nulla. Anche qui la storia si chiude. Non puoi certo multarli per mancanza di memoria. Poverini.

Facciamo finta che la Cassazione debba mandare tutto in prescrizione per frode sportiva (inerente l'assunzione di altri farmaci atti ad avere un vantaggio nelle prestazioni, ma non l’Epo: eh certo, la presenza di Epo non è stata verificata!). Prescrizione, si badi bene, non assoluzione. Estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo. Il sogno di ogni camorrista che si rispetti. Il quale finge di non sapere che alla prescrizione può rinunciare per dimostrare la propria innocenza.

Una costruzione della truffa in stile Al Capone. La mafia perfetta. Mediaticamente seppellita in questi giorni dalle registrazioni telefoniche: Calciopoli 2. Una farsa.

Be', se proprio si vuole scavare nel passato, sarà bene andare a ripescare una certa qual vicenda doping...
                                                                                    

lunedì 4 ottobre 2010

Se l’Inter torna una bambina isterica. Simpatica perché non vince


C’era una volta un’Inter che aveva giocatori puttanieri e tiratardi, un’Inter senza regole né disciplina. Tanti campioni senza squadra. Tante dita che non formavano un pugno. Perdeva ed era simpatica agli avversari.

Poi è arrivato Roberto Mancini e le cose hanno cominciato a cambiare. In squadra però c’erano personaggi irrecuperabili come Adriano e Martins. L'assenza di coesione interna la pagavi nelle notti decisive di Champions: mancava sempre un millimetro, quel pelino che ti fa vincere.

La svolta con Mourinho: abolizione delle cretinate comportamentali, isterismi femminei rasi al suolo, silenzio assoluto di fronte a un unico allenatore, con in testa la pazzesca idea della Champions. È arrivata addirittura la tripletta, come mai nessuno in Italia.

A “rompere” rimaneva solo Balotelli, che è stato emarginato a favore del gruppo: la finale di Champions l’ha vista col cannocchiale. Ci hanno detestato tutti: così forti, fieri. Così imbattibili e arroganti. Così spocchiosi e strafottenti. Così tanto Mourinho.

E adesso che succede? Io rivedo la stessa Inter pre Mancini. Un clamoroso doppio passo indietro.

1) Assisto a comiche molto fastidiose. Chivu a Roma che spiega a Benitez come ci si deve sistemare a sinistra. Maicon a San Siro che urla al mister quali giocatori vanno sostituiti (vedi Biabiany).

2) Con Mourinho, in campo andavano solo i più in forma. Coppa Italia inclusa. A San Siro ho visto una cosa brutta: Milito dentro, anche se non stava in piedi. Non capisco: se Biabiany si rompe, lo cambi con Mariga e sposti Stankovic a destra. Lasciando che Coutinho si esprima al meglio a sinistra, come col Werder.

3) Eto’o fa il fenomeno come centrattacco? Benissimo: Benitez lo sposta a sinistra per piazzare in mezzo Milito. Inconcepibile. Se Milito non è in grado di reggere fisicamente, riposa in panca o in tribuna: non lo prescrive il dottore che l’argentino debba giocare. Torni il Principe che era e riavrà il suo posto.

4) Che noia tutto quel buonismo prima di Inter-Juve. Ma dove siamo, all’oratorio? L’Inter storicamente viene caricata a pallettoni da allenatori istrionici: Herrera e Mourinho. È nel Dna dell’Inter la ferocia agonistica trasmessa da chi siede in panca.

5) Che angoscia la storia degli infortunati e della stanchezza. Così si offre un alibi continuo ai giocatori, al contempo mortificando chi ha sostituito i titolari.

6) Cos’è questa lagna che l’Inter sta diventando più simpatica? Non gradisco. L’Inter dev’essere odiata, malsopportata. Deve vincere e farsi insultare ogni volta che passa sulle macerie degli altri. L’Inter gioca da sola, senza amici, tantomeno Juve e Milan, che hanno limonato per anni quando vincevano solo loro due. Pareggi con la Juve invece di suonargliele e torni d’improvviso simpatico. No grazie. Si prega di essere bastardi e vincenti. Voglio un’Inter bellissima, cattiva, detestata, invidiata.

Io spero solo che si tratti di un periodo di ambientamento per Benitez, che reputo uomo intelligente. Sta lentamente scoprendo l’Inter, mai stata in serie B e unica a piazzare la leggendaria tripletta: che lo spagnolo lo ricordi alla stampa e agli avversari ogni tanto. Qui servono iniezioni di adrenalina, altrimenti la stagione prende una bruttissima piega.

[Nella foto, la squadra per club più forte e invidiata di tutti i tempi]
                                                                                         

domenica 3 ottobre 2010

Inter-Juve 0-0. La carica alla rovescia di Benitez, l’allenatore camomilla


L’Inter ha giocato tre partite chiave: con l’Atletico Madrid, con la Roma e con la Juve. Sono le tre squadre più forti che abbiamo incontrato.

Con l’Atletico abbiamo perso male: 2-0. Con la Roma, una discreta Inter è stata punita all’ultimo. Con la Juve, ho visto una squadra scarica dal punto di vista nervoso.

E qui sta il punto: la psicologia dei giocatori. Mourinho era un maestro nel fare una trasfusione di sangue mentale ai suoi uomini prima di ogni impegno importante. Li teneva sulla corda escogitando ogni sorta di trucco: i giochi mentali. Se la prendeva con un dirigente, con un giocatore, con un giornalista, con un arbitro, a seconda della situazione o delle esigenze. O addirittura si scagliava contro uno dei suoi per fare gruppo: vedi Balotelli.

Benitez invece è un allenatore camomilla. Non riesce a dare mordente alla squadra. È perfino riuscito a farsi spiegare da Maicon che Biabiany non stava in piedi e andava sostituito. Contro la Juve si doveva ricorrere a espedienti psicologici di ogni genere, specie ora che la società bianconera chiede con insistenza la revoca di uno scudetto all’Inter, quello del 2006. Si poteva inventare, Benitez, che allora l’Inter chiede una mezza dozzina di scudetti alla Juve, a cominciare da quelli del 1998 e del 2002, macchiati da clamorosi errori arbitrali. Poteva infiammare San Siro con qualche richiamo al passato. Poteva tirare fuori l’anima dei giocatori punzecchiando gli avversari e stimolando la contesa. Poteva ricordare che i difensori della Juve, se li salti in velocità, puntualmente ti stendono. Poteva tentare di vincere, insomma.

Nulla di tutto questo. Forse Benitez, l’allenatore camomilla, pensa di avere in mano il Brasile del 1958: andate e vincete in silenzio. Come no. L’Inter è una squadra da tenere costantemente sulla corda: va schiaffeggiata, esaltata, morsa, carezzata, un po’ violentata sotto il profilo mentale. Servono scosse elettriche, urli, rabbia. Invece il buon Benitez seda la squadra nei momenti topici: Juve dopo Roma e Atletico.

Servirebbe un allenatore capace di capire che quella è l’Inter. Una realtà distante anni luce da Valencia e, ancora di più, Liverpool. Lì la camomilla va bene. Qui all’Inter serve un caffè ripieno di leggenda nerazzurra.

[Nella foto flickr di caseywest, l'Inter che scende in campo nelle partite più importanti]