Allo US Open, terzo turno, è andato in onda un film che ha visto prevalere Alcaraz al quinto set, dopo una guerra all’Artur Ashe Stadium, finita 6-3 4-6 7-6 (7-2) 0-6 7-6 (7-5). Geniale la strategia messa in atto dal ragazzo iberico, che nel quarto parziale ha respirato a fondo, eseguendo piccoli esercizi di allungamento muscolare alle gambe e decontraendosi, per poi dare libero sfogo alla sua prepotenza atletica nella quinta frazione.
Il ragazzo di El Palmar è un tennista divertentissimo, dotato di un dritto assassino. Una rasoiata col braccio che viaggia alla velocità della luce. Una via di mezzo fra il dritto devastante di del Potro e quello di González, detto anche mano di pietra. Un'arma di devastazione, quella del giovane della Murcia, che arriva a sventaglio, con poco margine sopra il net. Lo sparo al fulmicotone parte anche dal centro del campo, incrociato. Alacaraz ama pure il dritto in corsa, una fucilata illeggibile.
In quel dritto di Carlos, non c’è il lieve spin di Federer né la frustata di Andy Roddick. Non è neppure il gancio di Nadal. Il risultato del colpo di Alacaraz è uno scaldabagno che ti arriva in faccia, difficile da gestire e interpretare.
Notevole il rovescio bimane, che ricorda quello del suo attuale allenatore, Juan Carlos Ferrero. Deliziosi i tocchi sotto rete. Cattiva e velenosa la seconda di servizio, lavoratissima e profonda. Qualcosa da rivedere sulle percentuali delle prime di servizio: talvolta, la lunghezza eccessiva del colpo è dovuta alla mancata pronazione finale del polso.
Certo che Tsitsipas, insistendo così tanto nel gioco incrociato, alla fine quel rovescio di Alcaraz è andato proprio a renderlo bollente: gliel’ha allenato a tal punto che l’iberico nel quinto set era pronto per spaccare il globo terracqueo.
Ma la caratteristica fondamentale di Alcaraz è che cattura l’attenzione durante il gioco: estroso, pieno di inventiva, con quei suoi 185 cm che porta a spasso per il campo in modo leggiadro. Pochissimi i rimbalzi compiuti a terra dalla pallina prima del lancio per il servizio: non ti annoia, a differenza di quei giocatori che ti fanno addormentare, sforando abbondantemente il tempo a disposizione, con la compiacenza degli arbitri. Il nuovo mostro iberico, col volto ancora segnato da acne juvenilis, ispira simpatia, seppure qualche avversario possa non gradire eccessivamente qualche esultanza calda dopo i punti vincenti.
Impossibile prevedere quale possa essere la collocazione esatta di questo UFO arrivato dalla Spagna. A naso, opto per le seguenti quattro categorie. Primo: un grande campione, come Ivan Lendl. Secondo: un fuoriclasse, come John McEnroe. Terzo: un fenomeno, come Pete Sampras. Quarto: un dio dell’Olimpo, come Federer, Djokovic e Nadal (nell’ordine dal più forte). Se mai dovesse migliorare la prima di servizio, non escludo che possa raggiungere i magnifici tre. Con una postilla chiave: Alcarez è dieci volte più spettacolare di Djokovic e Nadal, mentre reputo irraggiungibile e ineguagliabile Roger.
Notevole il rovescio bimane, che ricorda quello del suo attuale allenatore, Juan Carlos Ferrero. Deliziosi i tocchi sotto rete. Cattiva e velenosa la seconda di servizio, lavoratissima e profonda. Qualcosa da rivedere sulle percentuali delle prime di servizio: talvolta, la lunghezza eccessiva del colpo è dovuta alla mancata pronazione finale del polso.
Certo che Tsitsipas, insistendo così tanto nel gioco incrociato, alla fine quel rovescio di Alcaraz è andato proprio a renderlo bollente: gliel’ha allenato a tal punto che l’iberico nel quinto set era pronto per spaccare il globo terracqueo.
Ma la caratteristica fondamentale di Alcaraz è che cattura l’attenzione durante il gioco: estroso, pieno di inventiva, con quei suoi 185 cm che porta a spasso per il campo in modo leggiadro. Pochissimi i rimbalzi compiuti a terra dalla pallina prima del lancio per il servizio: non ti annoia, a differenza di quei giocatori che ti fanno addormentare, sforando abbondantemente il tempo a disposizione, con la compiacenza degli arbitri. Il nuovo mostro iberico, col volto ancora segnato da acne juvenilis, ispira simpatia, seppure qualche avversario possa non gradire eccessivamente qualche esultanza calda dopo i punti vincenti.
Impossibile prevedere quale possa essere la collocazione esatta di questo UFO arrivato dalla Spagna. A naso, opto per le seguenti quattro categorie. Primo: un grande campione, come Ivan Lendl. Secondo: un fuoriclasse, come John McEnroe. Terzo: un fenomeno, come Pete Sampras. Quarto: un dio dell’Olimpo, come Federer, Djokovic e Nadal (nell’ordine dal più forte). Se mai dovesse migliorare la prima di servizio, non escludo che possa raggiungere i magnifici tre. Con una postilla chiave: Alcarez è dieci volte più spettacolare di Djokovic e Nadal, mentre reputo irraggiungibile e ineguagliabile Roger.