Non l’ha sconfitto, l’ha disintegrato.
Djokovic ha
sotterrato di mazzate Nadal, portandosi a casa il match due set a zero: 7-5, 6-4. Un risultato che sarebbe di prestigio su qualsiasi superficie, ma qui ci sono due fattori di rilievo. Primo, si giocava sulla terra rossa, dove il maiorchino è il più forte di ogni epoca, Borg incluso. Secondo, eravamo a Madrid,
a casa di Rafa: proprio uno smacco. Che fra l’altro Nadal non ha digerito: l’ho notato al momento della stretta di mano a rete, al termine dell’incontro. Una gelida strettina fra due tipi che, a mio giudizio, poco si amano.
Djokovic si conferma un mostro di bravura. Al momento, la vera classifica mondiale vede il serbo primeggiare, secondo me, seguito da Nadal e da Federer: è alla 34.a vittoria di seguito, e al sesto titolo stagionale consecutivo. Tuttavia, tralasciando il discorso su Roma (dove comunque si gioca due set su tre, e l’aspetto atletico conta meno che nei tornei dello Slam), personalmente do ancora
Nadal favorito su Djokovic a Parigi. Anzitutto, al Roland Garros, appunto, è tutto al meglio dei cinque set. E così la preparazione squisitamente fisica fa la differenza. Ritengo che lo spagnolo sia ancora imprendibile sotto quel profilo. Secondariamente, Madrid è un terra rossa particolare: velocissimo, in altura. Per certi versi, un cemento lento. Più roba da Djokovic che da Nadal. Tant’è che il serbo aveva già legnato Rafa a Miami. A Parigi, la superficie è molto meno rapida, e si gioca più meno ad altezza mare.
La chiave dell’incontro, per come l’ho visto io, è stato il
rovescio di Novak incrociato e larghissimo sul dritto di Nadal. Una tattica con coefficiente di difficoltà 10, che obbligava Rafa a recuperi al limite dell’impossibile. Il maiorchino non ha rinunciato infatti a partire dal suo angolo preferito, alla propria destra, per tentare di comandare il gioco col dritto, anomalo e lungolinea. Ma il serbo non gliel’ha permesso e, con il rovescio bimane costantemente protesto in avanti, ricacciava dalla parte opposta Nadal. Prendendo le redini del punto in mano. Specie nei momenti decisivi.
Ho poi ammirato una
seconda di servizio di Djokovic che ha pochi eguali nella storia del tennis. Rimbalzo altissimo, profonda, con variazioni di angolo. Per lui, in finale, non è mai stato un guaio non infilare la prima. Sapeva che con la battuta di riserva faceva ugualmente male. In questo,
mi ricorda Sampras, con le due di servizio più efficaci di sempre.
Nadal s’è confermato il solito leone. Ma se ti trovi davanti uno sparapalle come Novak, la grinta non basta. Io vedo anche qualche
talento in più nei colpi da fondo di Djokovic di pura potenza e velocità, che su terreni veloci lo rendono, oggi, inarrivabile.
Al momento, almeno per Roma e per il Roland Garros, resta fuori dai giochi
Federer. Ritengo che lo svizzero (il più bravo di ogni epoca) abbia già
nel mirino Wimbledon: è lì che intende ancora accecare il pianeta con la sua classe sconfinata.
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