Facciamo un esempio pratico. Al quinto minuto, un difensore prende la palla di mano volontariamente. Solo l’arbitro non si accorge di niente. O non ha visto il contatto mano-palla, o lo ha giudicato involontario. Perché questo errore? Il cervello dell’arbitro è insondabile. L’uomo col fischietto è in buona fede, preparato fisicamente, attento, preciso, scrupoloso. Poverino però: ha sbagliato. Di arbitri come Agnolin, d'altronde, ne nasce uno ogni secolo: uomo di carattere e personalità che, se doveva ammonire, lo faceva senza guardare i colori delle squadre.
Così, chi doveva essere ammonito considera il mancato giallo “un episodio ininfluente al quale si aggrappano i perdenti”. L’errore in realtà condiziona la partita. Il difensore gioca tranquillo senza il giallo sul groppone: sa che l’arbitro, poverino, non si accorge di niente. E sa soprattutto che potrà pestare gli attaccanti: ha da spendere un giallo, sempreché l’arbitro lo ammonisca visto che, poverino, l’uomo col fischietto è in crisi vagale. Gomitate, testa contro testa con gli attaccanti stile camorrista: il difensore è libero. Fa di tutto e se la gode.
Così, chi doveva essere ammonito considera il mancato giallo “un episodio ininfluente al quale si aggrappano i perdenti”. L’errore in realtà condiziona la partita. Il difensore gioca tranquillo senza il giallo sul groppone: sa che l’arbitro, poverino, non si accorge di niente. E sa soprattutto che potrà pestare gli attaccanti: ha da spendere un giallo, sempreché l’arbitro lo ammonisca visto che, poverino, l’uomo col fischietto è in crisi vagale. Gomitate, testa contro testa con gli attaccanti stile camorrista: il difensore è libero. Fa di tutto e se la gode.
Comunque, è una ruota che gira: oggi il difensore ride e minimizza per il giallo mancato. Con l’arbitro (in buona fede) svagato, smarrito, stordito. Domani, magari su un campo lontano, con un altro arbitro e contro un’altra squadra tutelata da un’altra società, sarà quello stesso difensore a lamentarsi. Scoprirà di colpo che un giallo vale un rigore. E che serve la VAR per i cartellini gialli. E che, “non è un episodio ininfluente, ma uno sfondone tale da indirizzare la stagione”.
Il cartellino giallo è la chiave del calcio 2018 e del calcio del futuro: un gioco sempre più veloce e più fisico. Vale come e più di un rigore. Se si vuole davvero pulire il più possibile il calcio, va aiutato quell’arbitro che, poverino, proprio non ce la fa a vedere il fallo di mano volontario. È necessaria la VAR per i cartellini. E magari qualcuno dovrebbe pure suggerire all’arbitro tramite auricolare: “Giallo. Come da regolamento”. Senza avere paura di quel difensore, di quello stadio e dei dirigenti di quella società. Come se fosse Agnolin.