sabato 12 settembre 2020

Riforma del Codice della Strada fuori tema rispetto al decreto Semplificazioni: perché il presidente Mattarella ha ragione

Prendi il decreto Semplificazioni del Governo Conte. Lo dice il nome: semplifica. La vita di tutti noi, l’Italia, la burocrazia. Poi il decreto arriva in Parlamento e qui c’è una pioggia di emendamenti, ossia di cambiamenti. Come le nuove norme del Codice della Strada. Domanda: cosa c’entra il Codice della Strada col decreto Semplificazioni? Zero. Ecco allora le parole sagge del presidente della Repubblica Mattarella, che ha firmato il decreto: “Troppe norme eterogenee all’interno”.

Ascoltiamo il presidente: “Invito il Governo a vigilare affinché nel corso dell'esame parlamentare dei decreti legge non vengano inserite norme palesemente eterogenee rispetto all'oggetto e alle finalità dei provvedimenti d'urgenza”.

E ancora, le parole perfette del capo dello Stato: “Il testo a me presentato, con le modifiche apportate in sede parlamentare, contiene diverse disposizioni, tra cui segnatamente quelle contenute all'articolo 49, recante la modifica di quindici articoli del Codice della Strada, che non risultano riconducibili alle predette finalità e non attengono a materia originariamente disciplinata dal provvedimento”.

Ecco un’altra bacchettata di Mattarella: “Rappresento al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l'attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale”.

Stoccata finale: “Attraverso un solo emendamento approvato dalla Commissione di merito al Senato in prima lettura, si è intervenuti in modo rilevante su una disciplina, la circolazione stradale, che, tra l'altro, ha immediati riflessi sulla vita quotidiana delle persone”.

Bisogna fermarsi al tenore letterale delle frasi di Mattarella. Mi permetto però di azzardare una libera traduzione dal politichese. Norme eterogenee cosa significa? Che il decreto parla di una cosa, gli emendamenti con la riforma del Codice della Strada parlano di altro.

La mia seconda traduzione: il decreto è per natura urgente. Era urgente fare andare i ciclisti e i monopattinisti contromano in città? Era urgente piazzare gli autovelox nei centri urbani in zone a 30 km/h? Era urgente creare le corsie ciclabili valicabili con un mix bestiale fra auto, Tir, monopattini, bici normali e bici a pedalata assistita? Era urgente dare la precedenza stradale sempre e comunque a monopattini e bici in città? No.

Quello che è stato fatto in Parlamento è, a mio giudizio, un pasticcio di dimensioni ciclopiche. Un decreto (urgente per natura) che doveva semplificare s’è trasformato in un illeggibile accrocchio di regole sballate. Tutto in teoria a favore della mobilità dolce, la micromobilità urbana da tutelare. Fesserie. Ciclisti e monopattinisti sono molto più in pericolo di prima, giacché le regole li espongono più che mai a incidenti con pesanti conseguenze fisiche.

Il Codice della Strada è sacro: servono poche regole e chiare. Il decreto Semplificazioni rivisto in Parlamento rende il Codice della Strada ancora più complesso e articolato di prima: un decreto che complica anziché semplificare.

Così, non si favorisce nessuna mobilità, né delle auto né dei mezzi pubblici né delle bici e dei monopattini. Così invece si crea il caos. Per giunta, nasce la figura del pedone come utente super debole, super vulnerabile. Il monopattinista che va a mille all’ora sul marciapiede sfiorando il sedere degli anziani è violento, aggressivo, feroce. Altro che mobilità dolce, è una mobilità amara. Per non parlare dei guai causati ai disabili dall’invasione senza controllo di bici e monopattini. Ora vince il più forte, quello col mezzo più potente: il monopattinista prevale sull’uomo claudicante o su sedia a rotelle. Un Far West orribile. Una distopia urbana.

Effetti nefasti anche per i mezzi di soccorso. Ambulanze e camion dei pompieri, in viali che sono arterie vitali delle metropoli, dove passano visto che la strada è eternamente soffocata da piste ciclabili e utenti della nuova mobilità? Volano? Il malato sofferente nell’ambulanza, che se non arriva in tempo al pronto soccorso muore, è la vittima di questa ondata di normative da sbattere nel gabinetto.

Trattasi in assoluto della classe politica peggiore che io ricordi, a livello centrale e, spesso, locale. Restiamo aggrappati al nostro presidente Mattarella, splendida eccezione in un mare di squallore politico.