Ricevo via e-mail e pubblico volentieri una poesia automobilistica in acrostico: l’autore è Paolo Carazzi. Il titolo è “pit stop”, e la trovo molto centrata sul tema attuale: per il lockdown da pandemia di coronavirus, ci siamo fermati tutti. Ma siamo pronti a ripartire. Sfizioso anche il gioco di iniziali delle parole (appunto, l’acrostico), che dà “Pit stop” come soluzione. Da zero a dieci, è dieci la difficoltà di un componimento poetico nel quale le prime lettere di ogni verso, lette per ordine, danno un nome.
P eregrinar nell’aere in cerca di convenienza,
I rritare talvolta la debole e fragile pazienza:
T utto ciò ora si può ricordare, qual passato,
S foderando i sorrisi di chi ama ed è riamato:
T rovate al meglio le tante ricercate necessità,
O sannati gli Dei e ricolmi d’intensa felicità,
P ronti si è a ripartir per andare di qua e di là!
Classe 1969, dal 1987 sono giornalista dell'auto: settore legale (attualità e inchieste)
sabato 30 maggio 2020
“Pit stop”, poesia automobilistica in acrostico: di Paolo Carazzi
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coronavirus
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venerdì 1 maggio 2020
Bike lane: la mobilità disneyana della ministra De Micheli
La ministra dei Trasporti Paola De Micheli vuole introdurre la bike lane.
Che è una moderna diavoleria: una “corsia con destinazione prioritaria alla circolazione dei velocipedi, nella quale è consentita la circolazione anche dei veicoli a motore con numero totale di ruote non superiore a tre”.
Cioè? La bike lane è una corsia riservata a:
bici (e monopattini elettrici si presume, visto che sono equiparati alle prime);
moto e tricicli (da 50 cc insù).
L’obiettivo della ministra parrebbe essere quello di favorire la mobilità in bici. Il tutto s’inserisce in un progetto di ampio respiro: distanziamento individuale, riduzione dell’uso dei mezzi pubblici e dell’auto, promozione dei mezzi puliti.
Peccato che così, a mio giudizio, si venga a creare una tonnara dove i ciclisti rischiano seriamente di essere scarnificati. E notevoli pericoli pure per scooteristi e motociclisti, comunque anch'essi utenti deboli. Una sorta di macelleria ciclistica, con le bici protagoniste supreme, in una visione disneyana della mobilità, nella quale ciclisti e motociclisti procedono mano nella mano, incitati dagli anatroccoli a bordo strada.
La promiscuità fra bici e moto in una corsia a loro riservata: spettacolo. La coesistenza forzata fra due tipologie di utenti che non si amano, con mezzi che hanno accelerazioni, riprese, velocità di punta infinitamente differenti. Non è una rivoluzione al Codice della Strada, quella della ministra. È un bazooka arcobalenico che fa esplodere tutta la sua potenza di fuoco sulla circolazione.
Che cosa dimentica la ministra? Un paio di insignificanti dettagli.
Uno: in Italia, ogni anno, muoiono 800 fra pedoni e ciclisti. Utenti deboli. I quali vanno tutelati, protetti. Va abbassata quella percentuale da quarto mondo: su 100 vittime della strada, 20 sono pedoni o ciclisti.
Due: servirebbero piste ciclabili delimitate, sacre, inviolabili. Andrebbe costruito uno scudo a favore del ciclista. Sarebbero necessari controlli rigorosi agli automobilisti ubriachi o drogati (e ai ciclisti indisciplinati).
Invece no, ecco la bike lane per la Fase 2. Dai, svelateci le idee per la Fase 3: le bici in tangenziale e autostrada?
Che è una moderna diavoleria: una “corsia con destinazione prioritaria alla circolazione dei velocipedi, nella quale è consentita la circolazione anche dei veicoli a motore con numero totale di ruote non superiore a tre”.
Cioè? La bike lane è una corsia riservata a:
bici (e monopattini elettrici si presume, visto che sono equiparati alle prime);
ciclomotori a due o tre ruote (gli scooter cinquantini, le ape car);
moto e tricicli (da 50 cc insù).
L’obiettivo della ministra parrebbe essere quello di favorire la mobilità in bici. Il tutto s’inserisce in un progetto di ampio respiro: distanziamento individuale, riduzione dell’uso dei mezzi pubblici e dell’auto, promozione dei mezzi puliti.
Peccato che così, a mio giudizio, si venga a creare una tonnara dove i ciclisti rischiano seriamente di essere scarnificati. E notevoli pericoli pure per scooteristi e motociclisti, comunque anch'essi utenti deboli. Una sorta di macelleria ciclistica, con le bici protagoniste supreme, in una visione disneyana della mobilità, nella quale ciclisti e motociclisti procedono mano nella mano, incitati dagli anatroccoli a bordo strada.
La promiscuità fra bici e moto in una corsia a loro riservata: spettacolo. La coesistenza forzata fra due tipologie di utenti che non si amano, con mezzi che hanno accelerazioni, riprese, velocità di punta infinitamente differenti. Non è una rivoluzione al Codice della Strada, quella della ministra. È un bazooka arcobalenico che fa esplodere tutta la sua potenza di fuoco sulla circolazione.
Che cosa dimentica la ministra? Un paio di insignificanti dettagli.
Uno: in Italia, ogni anno, muoiono 800 fra pedoni e ciclisti. Utenti deboli. I quali vanno tutelati, protetti. Va abbassata quella percentuale da quarto mondo: su 100 vittime della strada, 20 sono pedoni o ciclisti.
Due: servirebbero piste ciclabili delimitate, sacre, inviolabili. Andrebbe costruito uno scudo a favore del ciclista. Sarebbero necessari controlli rigorosi agli automobilisti ubriachi o drogati (e ai ciclisti indisciplinati).
Invece no, ecco la bike lane per la Fase 2. Dai, svelateci le idee per la Fase 3: le bici in tangenziale e autostrada?
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