martedì 5 giugno 2018

Marco Cecchinato distrugge Djokovic al Roland Garros: l’italiano che reinventò la palla corta

Marco Cecchinato batte Djokovic ed entra in semifinale al Roland Garros. Trattasi di impresa epica, avvalorata da due elementi. Primo: i due tie-break (del secondo e del quarto set) di una bellezza indescrivibile. Secondo: Cecchinato ha reinventato la palla corta. Facendo letteralmente impazzire Nole, il quale non sapeva mai se attendersi lo sventaglio a uscire, il lungolinea profondo o la smorzata. La straordinaria qualità di Marco è che servizio e dritto sono illeggibili, perfino al rallentatore: il 25enne palermitano riesce sempre a nascondere le proprie intenzioni. Non capisci che cosa farà né seguendo i movimenti del busto e dell’avambraccio né guardandolo in faccia: una sorta di giocatore di poker che ti spara la scala reale o bluffa con una coppia di sette in mano. Sublimi le sue prime palle, sempre diverse: il ragazzo è dotato di estrema fantasia, inventa tennis, illumina l'arena.

Cecchinato si muove leggero come una farfalla, copre il campo con naturalezza e disinvoltura, e dopo le tre ore di gioco piegava le ginocchia per colpire da sotto la palla di rovescio come se si giocasse da tre minuti. Ha retto di nervi, senza mai avere il braccino, contro un mostro del tennis come Djokovic.

Marco ha visto il paradiso dopo aver incamerato il secondo set. Quindi, gli è apparsa in faccia la morte sportiva: sopra due set a uno, con Nole avanti nel quarto set (4-1 e vantaggio del serbo con il siciliano al servizio) e in progressione verso il quinto. S’è ripreso psicologicamente, ha ritrovato misura e compattezza nei movimenti, ha portato il serbo al tie-break del quarto set. A questo punto, Djokovic ha compiuto due miracoli nei pressi della rete: roba da abbattere un mulo. L’italiano ha reagito con una mezza smorfia e ha proseguito a macinare gioco, facendo andare a tremila all’ora le punte dei piedi, leggiadro come una libellula. Per vincere 13-11 dopo un’altalena da infarto, con 3 set point per Nole annullati grazie a un coraggio da leone. E con quelle bombe a mano che gli uscivano dal rovescio, trasformatosi in arma letale. Punteggio: 6-3 7-6 (4) 1-6 7-6 (11) in tre ore e 25 minuti. Mi è piaciuta la freddezza con cui ha reagito al tifo sfacciatamente a favore di Djoko da parte dei francesi al Suzanne Lenglen: Marco, l’italiano di ghiaccio, ora numero 27 al mondo.

Quella di Cecchinato è una delle più splendide imprese del tennis italiano: oggi, per arrivare in una semifinale di uno Slam, devi essere un supereroe, sotto il profilo atletico e mentale. La semifinale è contro Thiem, atleta strepitoso: se Marco recupera di testa (anche gli ottavi sono stati duri, vedi qui), parte lievemente sfavorito.

domenica 3 giugno 2018

Marco Cecchinato al Roland Garros: 3 qualità del tennista che va di fretta

Al Roland Garros, il 25enne palermitano Marco Cecchinato batte 7-5 4-6 6-0 6-3 il belga Goffin (numero 9 al mondo) in due ore e 31 minuti, e sbarca ai quarti: qui c’è Djokovic. Seguo Cecchinato dal 2010, quando lo vidi dal vivo vincere il suo primo incontro in un Challenger nelle qualificazioni dell'Aspria Cup di Milano. Dopo aver assistito in tv al suo trionfo ai quarti dello Slam parigino (di certo la più grande impresa della sua carriera), ecco a mio giudizio le sue 5 qualità.

1) Il servizio. È tutto, fuorché potente. È illeggibile, talvolta piatto a uscire, altre volte con lieve slice, poi profondo o stretto o angolato o al corpo. 

2) La velocità nei tempi morti durante il proprio servizio. Cecchinato riesce a concentrarsi in pochissimo tempo: gli basta qualche secondo. In questo, nella rapidità con cui organizza il servizio, e nel lasso temporale esiguo fra la prima e la seconda, mi ricorda Agassi. La si può considerare una strategia vincente: l’avversario non fa in tempo a trovare la concentrazione, e il servizio diventa ancora meno leggibile. Chiaramente, se va sopra di uno o due quindici, il tutto funziona alla perfezione; se va sotto, la sollecitudine diventa un boomerang.

3) Il silenzio. Marco, pure nei momenti di massima sfortuna, col nastro che devia la palla a sfavore o la palla che esce di un millimetro, resta tranquillo, silenzioso. Almeno per il momento. 

Ora gli tocca Djokovic, così forte da mandare in tilt chiunque. La parola d’ordine? Uscire quanto prima dalla trappola dello scambio di rovescio: piuttosto prendere qualche rischio, ma mai fare il braccio di ferro nella diagonale sinistra.