Avvocato Procaccini, siamo giunti all’ennesimo decreto di Conte contro il coronavirus (ho perso il conto). Perché secondo lei così tanti provvedimenti ravvicinati?
“È la strategia di Mitridate. Obiettivo: raggiungere una condizione di immunità al veleno. In che modo? Tramite l'assuefazione dovuta all'assunzione costante di dosi non letali del veleno stesso. Conte imita Mitridate VI re del Ponto: praticò l’auto-avvelenamento per paura di essere avvelenato. Conte dà agli italiani una dose di veleno al giorno. O a cadenza ravvicinata. Il cittadino gradualmente si abitua a questa condizione. Non è un tremendo choc psicologico. Ma una sorta di stretta al collo sempre più forte”.
Perché ogni decreto è così ambiguo e soggetto a tutte le interpretazioni possibili?
“Ogni decreto resta in una zona grigia. Ambigua. Senza confini netti. Senza regole precise. Ci sono perlopiù raccomandazioni vaghe, e consigli molto forti, sui comportamenti da tenere. Tanto che nessuno sa con esattezza se si possa passeggiare, se sia consentito uscire di casa. In questo senso, ecco perché il capo della Protezione civile Borrelli impone l’autocertificazione anche per uscire di casa e passeggiare. Il decreto pare proibire la passeggiata, ma poi lascia aperte le edicole. Come faccio ad andare in edicola a comprare una rivista se non posso passeggiare? Anche sulla stessa autocertificazione c’è confusione. Sembrava che ognuno dovesse farla da sé, e invece le Forze dell’ordine hanno modelli prestampati che consentono di eseguire sul posto l’autocertificazione”.
Come definirebbe il più recente decreto?
“Un decreto anti-panico. Seguito da promesse di forti stanziamenti a favore di chi resta scoperto economicamente. Penso a chi ha la partita Iva: deve anticipare i soldi delle tasse, magari è gravato da un mutuo o da altri finanziamenti. Come farvi fronte se la sua attività è paralizzata? I vari decreti, che si succedono nel tempo, servono a far metabolizzare la nuova condizione a chi è privo di ammortizzatori sociali”.
La strategia di comunicazione del premier è corretta?
“Se ci riferiamo alla forma, no. Ci sono diversi errori nel tipo di comunicazione. È tutto troppo costruito, artefatto. Abiti, orologio, location, fazzoletto nel taschino: un mondo di plastica. Pare virtuale. Cui non corrisponde un eloquio fluente. Anche nella dizione, un po’ stentata. Conte s’inceppa, s’ingarbuglia, inciampa. Sarebbe opportuna una comunicazione più ruspante, più vicina alla gente. Il premier trasmette ansia, anche con quello sguardo poco acceso. In più, annuncia sempre i suoi discorsi: crea tensione, agitazione”.
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