lunedì 2 agosto 2021

Annunciare gli incentivi: schiaffone che il settore auto non merita

A giugno, la politica ha iniziato ad annunciare nuovi incentivi per le auto a benzina o diesel, le uniche acquistabili a prezzi cristiani, giacché le elettriche risultano care come il fuoco, causa investimenti massicci dei Costruttori. Da quel momento, il più sprovveduto dei consumatori e dei potenziali acquirenti di macchine termiche nuove, si è piazzato in poltrona a braccia conserte. In attesa degli ecobonus. Drammatico il risultato di luglio, con uno sprofondo rosso storico: vedi alVolante qui.

Ovvio. A luglio, sono un potenziale acquirente di una vettura che costa 20.000 euro. So che ad agosto arriveranno incentivi e che quindi potrò comprare quel bene a 17.000 euro. Perché mai dovrei buttare nel gabinetto 3.000 euro?

Il problema si ripete nel corso degli anni. Il Governo emana un decreto, che non contiene incentivi. Arrivano gli emendamenti che poi il Parlamento dovrà approvare. Fra l’annuncio dei bonus e l’effettiva partenza della campagna rottamazione passano un paio di mesi, durante i quali il mercato auto si spompa. Per poi rigonfiarsi in parte dal giorno in cui il gettone statale è effettivo. Un parto straziante, che dà vita a un mostriciattolo: due spiccioli messi in croce, destinati a esaurirsi in brevissimo tempo, col consumatore giustamente a caccia di auto a benzina o diesel, in assenza di un rete capillare di colonnine di ricarica elettrica.

Gli incentivi si fanno, non si annunciano. E si fanno con un sano progetto legge organico (da approvare in fretta), mirato solo ed esclusivamente su un pilastro dell’economia come l’auto: 10 miliardi di euro sul piatto, come nelle altre nazioni evolute. Anche a favore di auto a benzina o a gasolio, grazie alle quali la politica stessa vive e vegeta: due terzi di un rifornimento di benzina o diesel vengono bruciati in accise, inclusa l’IVA, ossia l’Imposta su altre tasse. Quattrini che poi la politica gestisce. Senza contare gli euro in quantità industriale che entrano nelle casse delle Regioni con il bollo (tassa di proprietà) e delle Province (ma non dovevano morire?) con la famigerata IPT, Imposta provinciale di trascrizione.

Gli ecobonus annunciati non rispettano le Case automobilistiche, le concessionarie, gli addetti delle fabbriche e dell’indotto, né gli stessi cittadini: nessuno può programmare uno straccio di niente. Le aziende, in particolare, non hanno modo di organizzare un piano di rilancio con campagne aggressive. Oltretutto, non fai neppure in tempo a spingere a favore dell’acquisto, che il bonus è già stato divorato.

Due parole sulla massima erezione agonistica di chi si emoziona tanto per gli sfavillanti numeri delle auto elettriche. Oggi, l’italiano compra la macchina a batteria perché, dando dentro quello sporco macinino over 10 anni, ottiene uno sconto di 10.000 euro. Attenzione, anche i fondi delle macchine a corrente finiranno, e pure piuttosto presto. Ci sarà un ammosciamento generalizzato, una scossa alla rovescia.

Con un tremendo effetto Cuba, specie al Sud Italia: un esercito di auto stra-usate e pericolose, molto inquinanti, “bombe” per la sicurezza stradale e per le polizze Rca, che viaggeranno indisturbate lungo lo Stivale, con punte a Napoli e Caserta.

Se infatti la Commissione europea, nel suo delirio verde, intende obbligare le Case a produrre solo elettriche dal 2035, comunque lascia spazio alla compravendita di antiquati benzina e diesel, soprattutto nel nostro Meridione. Dal Green Deal al Nightmare Deal.

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