Stragi del sabato sera, improvvise crisi cardiache, stati di incoscienza, gravi infortuni: chi può davvero capire il mondo della notte in Italia? Forze dell’ordine e personale sanitario, fra gli altri. E allora chi meglio di Davide Romano, agente di Polizia locale a Novate Milanese (Comune a Nord del capoluogo meneghino) nonché soccorritore volontario che opera sui mezzi di soccorso, ha modo di scriverne? Nel suo “Quello che rimane della notte” (Chiado Editore), Romano non si limita a raccontare le personali esperienze sul campo, ma trasforma le drammatiche vicende alle quali ha assistito in un romanzo d’amore trascendente.
Nelle notti vissute fra ambulanze, strade teatri di incidenti, case in cui si soffre davvero, Romano viaggia nella coscienze degli uomini. Proprio in quei momenti, emergono aspetti profondi e talvolta inattesi delle personalità. In un attimo, si passa dall’universo gelido di una sera d’inverno con pioggia e nebbia, all’inferno dell’animo di chi viene annientato da angosce e dolori. Vacanze, soldi da spendere a più non posso, oggetti, vanità: tutto finisce nel falò dell’inutile.
Ti affidi al tuo dio (se ci credi), alla provvidenza, al fato. Preghi o rivolgi pensieri ai tuoi cari che dall’aldilà possano darti forza.
Resta al soccorritore l’arduo compito di portare amore e speranza nel cuore di chi vive le notti nelle tenebre del pianto. La solidarietà umana per riemergere dal buio, ancor più attuale oggi che si combatte contro un nemico subdolo e per larghi tratti sconosciuto come il Covid.
Dall’infinito pozzo delle sue energie morali, in “Quello che rimane della notte”, Romano fa rimanere il lettore affascinato. In un vortice di emozioni. Non turbato dai racconti. Impossibile, in quest’epoca di telegiornali scadenzati da bollettini di guerra (e di serie tv pregne di violenza illimitata). Dal romanzo di Davide, si esce arricchiti spiritualmente.
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