Facciamo un passo indietro. Milano, martedì sera, in piazza San Babila, pieno centro: una ragazza di 21 anni che si trova a bordo di un monopattino elettrico perde il controllo del mezzo e cade rovinosamente. Ambulanza e trasporto in codice rosso. Condizioni serie, ma fortunatamente vita non in pericolo. Poco dopo, verso l'una, in via Cenisio, un 24enne, anche lui a bordo di un monopattino, cade malissimo e si ferisce.
Sono storie dell’ordinaria strage dei monopattini elettrici. Di chi la colpa? Di certo non dei produttori, che fanno il loro lavoro, ossia macinare profitti vendendo questi giocattolini. Di per sé innocui. Sono allegri strumenti per scorrazzare in armonia con i passerotti e la natura tutta nei giardinetti.
La colpa non è neppure delle società di sharing: monopattini in condivisione. Hanno fiutato l’affare e cercano di intercettare il fenomeno.
La colpa non è nemmeno di coloro che li usano. Sono menti deboli, vengono rimbambiti da qualcuno che va in tv a parlare di mobilità del futuro. Pensano di essere “verdi” e di far risparmiare risorse ed energie all’umanità: in realtà, fra costi sociali per soccorsi e cure, innalzamento dei prezzi Rc auto visto il pericolo in strada delle tavolette, spese per fare e rifare le piste ciclabili loro dedicate, crescita delle emissioni inquinanti causa maggiore traffico dovuto proprio a quelle ciclabili, questi signori richiedono investimenti fortissimi. Ci sarebbe pure da ragionare sul prezzo che la natura paga per produrre e smaltire le batterie di quei cosi, ma andrei per le lunghe.
Dovrebbero fare una seria riflessione invece i politici che hanno spinto in modo irresponsabile per la diffusione dei monopattini elettrici. Sono oggetti pericolosi nei nostri contesti. Per giunta, i monopattini elettrici sono stati equiparati alle bici il 1° gennaio 2020. Fa sorridere anche il possibile disegno legge con un giro di vite: multe più pesanti e regole più stringenti. Che cosa ce ne facciamo?
Non ci sono controlli su strada da parte delle Forze dell’ordine, che nulla possono perché impegnate in altro. Le telecamere beccano le infrazioni di scooter e auto, dotate di targhe. Mentre i monopattini elettrici sono anonimi, silenziosi, sfuggenti. Tanto da essere sempre più adorati dai ladri: ti avvicini in monopattino, fai il colpo, e ti dilegui senza che nessuno possa acchiapparti.
Puoi anche piazzare 10.000 euro di multa ma, senza le verifiche sul campo, quelle ammende sono inutili. Oltretutto, la dimensione del fenomeno incidenti e violazioni sfugge: senza controlli, senza database, senza targhe, non riesci a contabilizzare sinistri e feriti. Quelli noti (dati Asaps, Amici Polstrada) sono attorno a 130 l’anno, ma trattasi di stima enormemente al ribasso rispetto al vero. Senza considerare una certa pigrizia dei Comuni, che sono restii a fornire i veri numeri, quegli stessi Comuni i quali hanno disegnato ovunque piste ciclabili.
Dopodiché, andrebbe anche stroncato quanto prima il fenomeno del monopattino con sellino: non si può. Se metti il sellino, allora servono targa e assicurazione, per legge. Occhio pure ai monopattini elaborati, che schizzano come razzi rendendo tanto felici ebeti da rinchiudere.
La soluzione è una: la responsabilizzazione della politica. Un’ammissione di colpa: abbiamo sbagliato, ci fermiamo. Come sta avvenendo altrove. Perché qui questo non succede? Perché il monopattinista medio vota quel politico. Se gli togli il giocattolo, lui ti toglie il voto. Poi tocca lavorare per davvero.
Chiosa sui monopattinisti aggressivi: diventano feroci contro i pedoni sui marciapiedi (specie i deboli, i disabili, gli anziani, i claudicanti), lì dove non possono circolare; spesso in due sulla tavoletta, comportamento vietatissimo. Sono gli ultra moderni pirati della strada della nuova mobilità sporca e violenta.
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