Immaginate un ragazzo di 17 anni che arriva dal Brasile e che gioca in attacco con la maturità di un 30enne, si muove in campo con l’intelligenza tattica di una vecchia volpe d’area, segna gol fondamentali in momenti decisivi, sforna assist d’oro a compagni ormai sulla via del tramonto, non reagisce alle provocazioni di difensori dallo schiaffo facile, all’occorrenza si adatta a fare il centravanti o l’ala: ecco, un giocatore del genere sarebbe titolare inamovibile in qualsiasi squadra del nostro campionato, incluse le tre grandi (Inter, Milan, Juve).
Prendete adesso un personaggio nato a Palermo il 12 agosto 1990 da una coppia di immigrati ghanesi, un tipo che dall'età di due anni vive a Brescia nella sua nuova famiglia italiana, i Balotelli: lui, superMario, è un fenomeno. Ma adesso non lo vedete titolare nelle formazioni ipotizzate dai quotidiani. Perché? Semplice: non è brasiliano.
Allora, pare che l’Inter vada a caccia di attaccanti da schierare come titolari: Drogba (Chelsea), Eto’o (Barcellona), Van Persie (Arsenal), Adriano (di ritorno dal prestito al San Paolo). Sono follie. Il ragazzo deve disputare tutte le partite che contano: può far vincere scudetti e Champions a ripetizione all’Inter. E diventare il cannoniere della Nazionale. Italiana, non brasiliana.
In quanto ai suoi presunti limiti caratteriali (è nervoso, reagisce, tiene i gomiti alti), sono critiche che arrivano da chi il calcio l’ha sempre vissuto in poltrona fra una birra e l’altra: la capacità di difendersi dalle cattiverie dei difensori è la qualità dei grandi goleador. Sì, Balotelli è una via di mezzo fra Riva e Boninsegna.
Tutt’al più, il bimbo d'oro deve migliorare di sinistro, suo vero punto debole. Ma mi pare che a 17 anni ci siano ampi margini di miglioramento…
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