Nadal non è un drogato-dopato. Non soltanto è pulito, ma è anche il più grande giocatore d’ogni epoca sulla terra rossa. Non sono di quelli che pensano: siccome Rafa ha muscoli enormi, allora si dopa. Neppure m’interessa il fatto che il maiorchino sia tutto fuorché un tennista con uno stile da imitare: è uno straordinario atleta con una racchetta in mano. Men che meno mi tange lo strano comportamento del numero uno al mondo prima di servire (dita vicino al sedere per sistemarsi le mutande; attesa che spesso tocca i 45-50 secondi): esiste un arbitro, e se a quel signore sta bene così, allora non c’è stata alcuna violazione dei regolamenti. Oltretutto, lo spagnolo è un campione anche fuori dal campo, sempre sorridente e disponibile.
La premessa mi pare sufficientemente lunga. Adesso arrivo al dunque. Non condivido la presa di posizione di Nadal sulla questione doping. La sparata più recente è contro la Wada, World Anti-Doping Agency, il cui compito è di promuovere e coordinare, a livello internazionale, la lotta alla diffusione delle sostanze dopanti in qualunque forma si presentino: “Le regole della Wada tormentano i giocatori”. Il motivo? Richiedono che ogni atleta si renda disponibile per un test un’ora al giorno e per ogni giorno della settimana. “Ero con i miei amici. Stavamo facendo un bagno, quando mia madre mi ha avvertito che nella mia casa di Madrid c’erano quelli dell’antidoping. Era la mia unica serata libera e l’ho passata così. E non è capitato solo a me”. E ancora: “Alcuni giorni fa, Ferrer e Verdasco sono stati controllati alle 6 del mattino. È pazzesco. Non so nemmeno se, da un punto di vista legale, tutto ciò sia corretto”. E la stoccata finale: “Non penso che questo sia il modo giusto: è un prezzo troppo alto da pagare per giocare a tennis. Io voglio che questo sport sia il più pulito possibile, questo è ovvio, ma ci devono essere altre soluzioni”.
Cominciamo dalla fine, Rafa. Altre soluzioni contro il doping non esistono. Lo sport è stracolmo di drogati: questo lo sai bene anche tu. Se avverti un atleta con largo anticipo, lui fa in tempo a pulirsi e a farsi trovare con l’urina pura come quella di un bebé. L’unica strada è colpire a sorpresa. La Wada agisce in modo intelligente: se lo sport disarma quell’agenzia, eliminando il “controllo senza pravviso”, cancella anche la lotta al doping.
Discorso ben diverso è la scocciatura di dare la propria reperibilità alla Wada. Questo lo comprendo. D’altronde, gli atleti sono pagati profumatamente anche per sottoporsi a sacrifici di questo genere.
Chiudo con quattro considerazioni.
1) È possibile diventare un soggetto mirato per i test antidoping. Spesso gli atleti migliori nelle varie discipline, a livello nazionale e internazionale, possono essere inclusi nominativamente nei test anziché essere sorteggiati. In tal modo, si può dimostrare a chiunque che i propri successi sono ottenuti in modo leale e sportivo. Un discorso che vale anche per Nadal.
2) Gli atleti devono inviare le informazioni riguardanti il loro luogo di permanenza anche quando sono in vacanza, in modo da permettere alle autorità antidoping di localizzarli sempre, nel caso in cui sia necessario sottoporli a un controllo.
3) La lista delle sostanze proibite viene rivista ogni anno da un gruppo d’esperti internazionali; e la versione aggiornata entra in vigore il 1º gennaio d’ogni anno. Ma, secondo me, la Wada è eternamente in ritardo. Se l’agenzia stila una lista di prodotti proibiti, l’industria del doping ha già pronte altre sostanze che non emergono durante i controlli. È una lotta impari. Lasciate alla Wada almeno la possibilità di fare incursioni a sorpresa.
4) Una previsione: andrà sempre più di moda la scusa dell’integratore, specie di quello comprato su Internet. Della serie: “Non sapevo che quell’integratore contenesse doping”. A questo proposito, giova ricordare che l’assunzione di integratori avviene sempre a proprio rischio e pericolo: molti contengono sostanze proibite. Poiché in diversi Paesi l’industria degli integratori alimentari non è regolamentata, è importante essere pienamente coscienti di quello che il prodotto contiene.
[foto via Wada]
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