domenica 8 marzo 2020

Bomba biologica in fuga dalla Lombardia: cinque disgrazie

Ieri sera è filtrata la bozza di decreto che chiude la Lombardia: zona rossa. Il risultato è che i non residenti in Lombardia stanno prendendo d’assalto i treni alla Stazione Centrale. Cinque considerazioni.

1) La Stazione Centrale non la si può certamente considerare pulita come un hotel a sette stelle a Dubai. Viene da chiedersi dove potranno lavarsi le mani le persone in fuga. Perché la costante e accurata detersione delle mani è la base per impedire il contagio. Non so neppure come potranno espletare le proprie funzioni organiche, in quali condizioni, a che livello d’igiene. Nella Stazione Centrale, c’è assembramento ora. Sovraffollamento. Calca. Perdipiù con persone agitate, concitate, sovraeccitate, che tossiscono, starnutiscono, parlano a distanza ravvicinatissima. È quello che i virologi hanno implorato da settimane non avvenisse: il caos umano con individui che si alitano addosso l’un l’altro.

2) Stando agli studiosi, il nuovo coronavirus è fottutamente bastardo: è un soldato che vuole diffondersi, riprodursi, moltiplicarsi. Il suo obiettivo non è uccidere. È conquistare. Lo fa da milioni di anni. L’essere umano dovrebbe combattere la tendenza del coronavirus. Invece, mettendosi in fuga dalla Lombardia, fa il gioco del coronavirus. Gli dà un assist a porta spalancata. È la bomba biologica che il coronavirus aspettava. È l’occasione che attendeva, come un falco pellegrino che veleggia prima di andare in picchiata sulla preda. Il Covid-19 ora è nelle carrozze dei treni: ambienti piccoli, chiusi, poco areati, dove i virus danno il meglio.

3) È un errore letale, fatale, imperdonabile, far filtrare la bozza di decreto. Non puoi fare affidamento sul buon senso della massa. Che è terrorizzata, angosciata. Ce l’ha insegnato il Manzoni: la massa è amorfa, senz'anima, mossa dall'istinto della conservazione. Figuriamoci in preda al panico. Un’esplosione di coronavirus che è l’opposto di quanto auspicato da virologi, biologi, medici, infermieri. Chi ci governa ha cercato di tenere la massa buona col calcio, ma il trucco funziona se non vuoi parlare di disoccupazione, sistema pensionistico allo stremo, costi della politica. Quando trattasi di salvare la pelle, non fanno presa quei ventidue milionari in mutande e ipervitaminizzati che s’azzannano in campo rincorrendo un oggetto sferico rotolante. Questa è una classe politica rimasta agli anni 1970. Andava in tv, parlava alla radio. Le persone ascoltavano. Eseguivano. Oggi è tutto diverso: uno piazza una bozza di decreto in un social o in una chat. E il virus della notizia arriva a chiunque in un attimo: i social veicolano più in fretta delle goccioline di saliva. Eppure, si poteva sfruttare l’esperienza delle scorse settimane: tutte le bozze di decreto circolavano sui social ben prima che fossero firmate. Quella maledetta bozza non andava inviata a nessuno, neppure agli uffici stampa degli enti locali né all'ufficio stampa della Lombardia. Un documento riservato, doveva essere. Così che nulla trapelasse.

4) La democrazia è la forma di governo migliore possibile. Ma in Italia, oggi, la democrazia dà il peggio di sé. Prendi il provvedimento più importante del dopoguerra, lo sbatti sui social, lo dai in pasto alla massa. Non predisponi controlli delle Forze dell’ordine. Non allerti l’Esercito. Non imponi un’emigrazione controllata e ordinata dalla Lombardia. È questa la democrazia? Un arcobalenico apericena per dimostrare che il coronavirus a noi ci fa una pippa, e poi un decreto sputazzato all’impazzata nel frullatore social? Per la carità del Signore. Capisco bene che la bozza dovesse giungere ai governatori locali di ogni Regione. Sei il Governo, hai i poteri. Ti organizzi affinché quella bozza resti segreta minacciando serissimi provvedimenti in caso di fuoriuscita di notizie. Anche in democrazia, al momento giusto, occorre una stretta vigorosa. A tutela, occhio, della democrazia stessa.

5) Attenzione a criticare la Lombardia. Che non avrebbe seguito i protocolli. Che non sarebbe stata capace di contenere subito il coronavirus. Adesso la bomba biologica viene fatta esplodere nel resto dell’Italia. Lì dove la sanità lombarda non c’è. E mo vediamo.

venerdì 6 marzo 2020

Annuncio incentivi auto contro il coronavirus: il Governo dorme? Boomerang tremendo

Il coronavirus abbatte le vendite di auto in Italia: -7% nel bimestre 2020. Da questo Governo, di bassissimo profilo, provengono flebili sospiri. Oggi c’è un minuscolo ecobonus statale con dotazione complessiva risibile. In un quadro così deprimente, abbiamo appreso con entusiasmo che Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico, pensa a incentivi per l’auto elettrica e per le Euro 6, con contemporanea rottamazione delle vecchie macchine. L’idea mi pare giusta. Se ho un catorcio, posso farlo rottamare ottenendo un ecobonus dallo Stato. Consegno il macinino alla concessionaria, e lo Stato mi assegna un soldo. Il Fisco ci guadagna, grazie agli incassi dell’Iva e in termini di crescita del Prodotto interno lordo: lo dimostra la rottamazione del 1997.

Adesso che il ministro ha annunciato la rottamazione, a mio avviso dovrebbe attivarsi in dieci direzioni.

1) Introdurre il prima possibile la rottamazione. Il motivo? Facile. Patuanelli ha parlato di rottamazione a inizio marzo 2020. Risultato: durante lo stesso mese e probabilmente anche in quelli successivi, chi ha in mente di comprare un’auto nuova non lo fa. Aspetta. Attende che cosa? Che il Governo stanzi gli incentivi con rottamazione cui il ministro si riferiva. Occhio però: se l’Esecutivo dorme, l’annuncio degli incentivi andato a vuoto si trasforma in un boomerang tremendo per il settore auto. Per ora le vendite cedono: qualora non arrivino gli incentivi auspicati, con dotazione statale adeguata, la parabola discendente rischia di fare paura.

2) Il bonus dello Stato va studiato con i protagonisti della filiera: associazioni e Case auto. Che di certo immaginano gli scenari migliori, avendo il polso della situazione.

3) Col solo bonus dello Stato, la concessionaria difficilmente applica uno sconto ulteriore: il venditore ha già margini risicati. Si potrebbe allora imitare la soluzione del 1997: la rottamazione con incentivo venne accompagnata al bonus del Produttore stesso e fu un successo. Se lo Stato dà tot euro di ecoincentivo, la Casa mette sul piatto l’identico importo.

4) Le auto elettriche sono gioielli tecnologici. Rappresentano una spesa intelligente del consumatore: dopo un certo numero di anni (le variabili sono numerose), il cliente ottiene un risparmio rispetto all’identico modello a benzina o a gasolio. Ma i gioielli costano. Per chi non vuole comprare l’elettrica né in contanti né a rate, si possono introdurre anche incentivi a favore del noleggio a lungo termine. Per il professionista e per il privato senza partita Iva. L’auto presa in affitto per uno o più anni, in cambio di un canone mensile agevolato.

5) Il ministro dovrà abbattere gli ostacoli costituiti dalle lobby che si metteranno di traverso. La realtà è semplice: più auto antiquate a benzina e a gasolio esistono in Italia, più accise e più Iva (un’imposta sulle tasse) incassa l’Erario. Denaro fresco per pagare i costi giganteschi della politica, per far fronte alle pensioni e ad altre uscite colossali di un Paese che naviga in cattive acque. Due terzi di un pieno va al Fisco. Pensare di rinunciare a questo tesoro sconfinato terrorizza il politico medio. Sarebbe uno psicodramma per la vecchia politica che non sa guardare oltre il proprio naso.

6) Occorre una cabina di regia centrale per organizzare le agevolazioni locali. Oggi, ogni Comune fa quel che vuole in termini di libero ingresso nelle Zone a traffico limitato e di esenzione dal pagamento della sosta sulle strisce blu. E ogni Regione fa a modo suo in materia di esonero dal bollo auto, la tassa di proprietà. Non è possibile. Una nazione civile ha poche e chiare regole omogenee a favore dell’elettrico.

7) Va eliminata l’ansia da batteria scarica. Accelerando al massimo la costruzione di colonnine di ricarica elettrica pubbliche nelle città e fuori. Agevolando chi vuole installare wallbox domestiche e chi desidera aumentare la potenza del contatore di casa.

8) L’eco-rottamazione contro il coronavirus non deve riguardare solo le auto nuove. Ma anche l’usato. Per esempio, se possiedo un’Euro 0 a gasolio e compro un’Euro 4 a benzina, ho diritto a uno sconto da parte dello Stato. L’obiettivo è ringiovanire il parco circolante: viaggiano troppe macchine vecchie, sporche e insicure.

9) Con un disegno legge per i nuovi incentivi, i tempi sarebbero biblici. Meglio un decreto. Meglio ancora un’aggiunta finale a un decreto in via di conversione.

10) La partita dell’auto elettrica si gioca a un tavolo di poker che vede schierati disoccupazione, decrescita, paure legittime e timori inconsci e irrazionali, più il coronavirus: serve energia vitale. Sarebbe ora di progredire, modernizzare la mobilità per far lievitare il Prodotto interno lordo e per innescare un circolo virtuoso. Altrimenti, per quanto riguarda il settore auto, questo Governo resterà vittima impassibile del coronavirus. Anzi: del corona vairus.

venerdì 10 gennaio 2020

Guida con smartphone: la doppia bufala della stangata imminente da 1.700 euro

Google ha una certa simpatia per le bufale. Perché sono accattivanti. Divertono il lettore. Lo svegliano. È tutto così coinvolgente dal punto di vista emotivo. Invece la realtà è noiosa, piatta, grigia. Prendiamo la multa per guida con smartphone in mano. Se googlate quelle parole, fra i primi risultati ci sono siti che fanno a gara a spararla più grossa: qualcuno dice che la stangata è imminente, sta per diventare legge. Ossia multa di 1.700 euro alla prima infrazione.

La multa oggi

Che cosa c’è di vero in tutto questo? Niente. È come titolare che l’uomo un giorno andrà ad abitare su Marte. È una notizia simpatica e accattivante. Ma per ora è una bufala. In futuro, chissà quando, si vedrà. A oggi, la multa per guida con smartphone è la solita: 165 euro, taglio di 5 punti-patente. Alla seconda infrazione nel biennio (recidiva), 165 euro, taglio di 5 punti-patente, sospensione della patente da uno a tre mesi: articolo 173 del Codice della Strada.

Cosa bolle in pentola

Da una decina d’anni, diversi disegni legge prevedono sanzioni più pesanti per chi guida con smartphone. Ma non c’è nessuna novità imminente.

1) Esiste una proposta di legge di modifica al Codice della Strada: c’è l’ok della commissione Trasporti di luglio 2019.

2) Questa proposta va discussa alla Camera.

3) Se e quando la Camera discuterà il tutto, se e quando la proposta diventerà legge grazie al sì del Senato, allora la multa salirà a 422 euro alla prima infrazione. E a 644 euro alla recidiva.

Le due bufale che piacciono al web

Pertanto, non è vero che c’è una batosta imminente. Non è neppure vero che la multa sarà di 1.700 euro. Tutt’al più, l’ammenda sale nel tempo se non viene pagata. Ma a questa stregua anche un verbale per divieto di sosta si può trasformare in un pignoramento di un bene mobile.

giovedì 9 gennaio 2020

Accordo quadro sull’espletamento dei servizi di polizia stradale in ambito urbano: quante simpatiche analogie col decreto Minniti del 2017

Sull’onda emotiva delle stragi da alcol e droga (ubriachi e tossici che uccidono i pedoni), colpo gobbo del Governo M5S-Pd: con una certa enfasi, il sito del ministero dell’Interno lancia una notizia che riguarda la sicurezza stradale. È l’accordo quadro per i servizi di polizia stradale sulla viabilità urbana. Sul portale si legge che è stato firmato al Viminale dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese e dal presidente Anci Antonio Decaro. In più, è stata inviata ai prefetti una direttiva per rafforzare i controlli e la sicurezza stradale. Sul sito del ministero dell’Interno, trovate sia l’accordo sia la direttiva. Vediamo di che trattasi in sintesi.

I quattro punti dell'accordo

1) L’accordo intende rendere più efficiente il sistema di controllo e vigilanza nelle nostre città, ha dichiarato il ministro Lamorgese, assicurando il più efficace coordinamento tra i diversi soggetti a vario titolo coinvolti.

2) L’attuazione dell’Accordo, si legge ancora sul sito, valorizza il ruolo e le funzioni delle Polizie locali e consentirà di liberare risorse delle Forze di polizia da destinare al controllo del territorio.

3) Per le altre amministrazioni comunali che, al momento, non dispongono di adeguate risorse, l’assunzione del ruolo nelle nuove attività sarà progressivamente assicurata.

4) Quali le città interessate? Alessandria, Ancona, Arezzo, Asti, Bari, Barletta, Bergamo, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Cremona, Ferrara, Firenze, Foggia, Forlì, Genova, Lecce, Livorno, Messina, Milano, Modena, Monza, Napoli, Novara, Padova, Palermo, Parma, Perugia, Pisa, Pistoia, Prato, Ragusa, Ravenna, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rimini, Roma, Salerno, Savona, Terni, Torino, Treviso, Udine, Varese, Venezia, Verona.

E quindi, qual è il problema?

Il fatto è che il 15 agosto 2017, è stato emanato il decreto Minniti. Stabilisce le modalità di esercizio e la razionalizzazione dei presidi delle Forze di Polizia. La riassumo in quattro punti.

1) Il capo della Polizia (direttore generale della pubblica sicurezza) è il responsabile dell'attuazione. I prefetti saranno chiamati a sovrintendere all'attuazione a livello locale, dopo che i vertici delle singole Forze di Polizia avranno impartito le disposizioni all'interno della singola organizzazione.

2) L’obiettivo della direttiva è quello di "sviluppare un'azione in grado di soddisfare, con celerità, efficacia e accresciuta incisività, le esigenze di sicurezza e legalità avvertite in misura sempre crescente dai cittadini".

3) "Specifica attenzione deve essere riservata allo svolgimento dei servizi di polizia stradale sulla viabilità dei centri urbani". Viene ribadito il concetto di "leale collaborazione istituzionale", con la richiesta ai corpo di polizia locale di una presenza lungo l'intero arco delle ventiquattro ore.

4) Occorre avviare un percorso con Anci, attraverso un preliminare accordo-quadro, con una prima fase destinata alle città metropolitane e ai capoluoghi di provincia, per essere poi esteso a tutte le municipalità. Nella seconda parte della direttiva viene trattata la razionalizzazione dei presidi di polizia, con la possibilità anche di derogare alla suddivisione indicata, in presenza di particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Nella dislocazione occorrerà valutare molti indicatori delle caratteristiche socio-economiche di ciascuna realtà e delle relative dinamiche criminali, con attenzione della presenza o dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Viene indicata al punto 2.5 della direttiva l'importanza di estendere i piani coordinati di controllo del territorio anche alle località non capoluogo di provincia, con il coinvolgimento della Guardia di Finanza e il contributo delle Polizie locali.

Morale: io non ci trovo grosse differenze

Non mi pare ci siano grosse differenze fra il decreto Minniti del 2017 e l’accordo quadro del 2020. Dopo tre anni, si dicono cose analoghe, con parole piuttosto simili. Non sono concetti sbagliati, per carità: sicurezza stradale, cooperazione, organizzazione, sistema di controllo e vigilanza. Per la miseria, a sentire quei paroloni, il primo ubriaco o drogato che s’azzarda a entrare in auto ha già le manette ai polsi. Ma sembra che non sia così. In tutto questo tornado di annunci politici, va detto, le Forze dell’ordine sono vittime anch’esse: cosa possono fare se non dare attuazione a quelle regole, con i pochi strumenti e risorse a disposizione? Se siete curiosi e non avete proprio nulla da fare, leggete a pagina 5 il decreto Minniti del 2017: qui. E leggete l’accordo del 2020: qui. Più la direttiva del 2020: qui.

giovedì 2 gennaio 2020

Monopattini elettrici come le bici: 5 pericoli mortali

Vivissimi complimenti al Governo che, con la legge bilancio 2020, ha equiparato i monopattini elettrici alle bici. Vorrei sommessamente far notare 5 pericoli mortali.

1) I monopattini elettrici potranno viaggiare sia in città sia fuori. Qui si ragiona come se per le strade circolassero solo bici, tricicli e nonnine con i passeggini. Purtroppo i numeri dicono altro: nei primi sei mesi del 2019, in Italia, le vittime della strada sono state 1505. In aumento dell’1,3% rispetto allo stesso periodo del 2018. Una sorta di bollettino di guerra quotidiano, con un bilancio così drammatico che l’Unione europea ci sta sculacciando: abbiamo bucato l’obiettivo imposto dall’Ue di dimezzare i morti sull’asfalto dal 2001 al 2010, e faremo flop anche dal 2011 al 2020. Le cause? Soprattutto la guida distratta da smartphone, l’alcol, la droga. A farne le spese in particolare gli utenti deboli come pedoni e ciclisti. Che andrebbero protetti e tutelati con maggiori controlli e con strade riservate sicure. E invece il Governo che fa? Apre le strade ai monopattini elettrici.

2) I monopattini elettrici necessitano di strade con asfalto perfetto, o almeno in ottime condizioni. Le città italiane è come se fossero state bombardate: i crateri sono agguati perenni, con rattoppi che durano un quarto d’ora. Addirittura la più europea delle metropoli, Milano, è nei guai. Col sindaco Beppe Sala che per il 2020 stanzierà il doppio dei soldi per rifare l’asfalto. A tutela degli utenti deboli. A proposito dei quali, ecco un paio di numeri. Stando all’Istat, gli indici di mortalità e lesività per categoria di utente della strada evidenziano i rischi più elevati per gli utenti vulnerabili rispetto a quelli di altre modalità di trasporto. L’indice di mortalità per i pedoni, pari a 3,2 ogni 100 incidenti per investimento di pedone, è quasi cinque volte superiore a quello degli occupanti di autovetture (0,7); il valore dell’indice riferito ai motociclisti è 2,4 volte superiore, per i ciclisti è, invece, il doppio. Si clicchi sullo screenshot (fonte Istat).



3) Drammatica l’apertura dei monopattini alle strade extraurbane. È il delirio: l’aumento delle vittime della strada nel 2019 è frutto, in particolare, dell’incremento registrato sulle autostrade (oltre il 25%) e sulle strade extraurbane (+0,3%). Purtroppo, non è quel mondo disneyano dove i monopattini elettrici scorrazzano, e il guidatore di questo microveicolo ascolta serenamente la musica con l’iPod. Fuori città, si crepa in auto e in pullman. Figuriamoci un utente extra-debole come il conducente di un monopattino elettrico quanto è esposto alla morte. Fa le sue evoluzioni mentre una signora sdentata e con la falce in mano gli gironzola intorno.

4) Con questa ondata di normative complicate, sparate fuori a singhiozzo, il cittadino medio diventa matto. Prima, il decreto Toninelli del giugno 2018 dà il via alla sperimentazione per la micromobilità elettrica. Riguarda monopattini elettrici, segway, monowheel e hoverboard. Poi, ben 20 Comuni fanno partire i test e piazzano i cartelli specifici. Quindi, arriva la legge bilancio 2020 a sovrapporsi, ma non a sostituire, il decreto. Pertanto, abbiamo la sperimentazione coi cartelli, più i monopattini che fanno in un modo (ma non del tutto), mentre segway, monowheel e hoverboard fanno in altra maniera. Vediamo chi riesce a risolvere il garbuglio. Sarebbe questa la politica italiana che vuole migliorare la sicurezza stradale. Ma per favore.

5) Occhio all’utente medio del monopattino elettrico. Può darsi pure che si tratti di ragazzini, minorenni. In piena esplosione ormonale. Sovraeccitati da questa grande novità: il monopattino elettrico. Che è un oggettino per il quale nutro tanta simpatia. Con un però: si schizza a 20 all’ora in un attimo. Ti dà euforia, con l’aria in faccia, la voglia di libertà e di cantare. Se fai passare il messaggio che è poesia, un rinascimento della mobilità, commetti un delitto: sei complice di incidenti mortali che coinvolgono i minorenni. A cui non si potranno addossare colpe. Saranno vittime. Vittime della strada.