sabato 27 agosto 2011

Farmaci allo sportivo per tornare in forma: il morso della Cassazione

È una corsa continua al farmaco che ti fa rendere di più: parlo dello sport oggi. Non trattasi di doping vero e proprio, ma di eccesso di farmaci, assunti perfino per tornare in forma. All’occhio, sono pratiche che viaggiano sul filo del rasoio della legalità. In Spagna lo sanno bene…

Addirittura, il medico è sanzionabile se prescrive farmaci a un atleta per farlo tornare subito in forma. Sentite la Cassazione: ecco una sentenza (numero 17496 del 23 agosto 2011, terza sezione civile) di cui vi rendo noti i punti salienti.

“Con delibera del 14 dicembre 2004 la Commissione Medici Chirurghi dell’ordine di Rimini, all’esito del procedimento disciplinare aperto nei confronti del dott. V. E. B. per ritenuta violazione degli artt. 2, 3, 12 e 76 del nuovo codice deontologico del medico, prosciolse l’incolpato dagli addebiti di cui ai nn. 2 e 76, mentre lo ritenne responsabile di quelli di cui ai nn. 3 e 12, per l’effetto irrogando la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi quattro. Contro tale provvedimento il B. adì la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie che, con provvedimento del 30 maggio 2006, ha rigettato l’ impugnazione. Avverso detta decisione ricorre per cassazione V.E. B. formulando quattro motivi e notificando l’atto al Ministero della Salute, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini e all’ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Rimini.

Resistono con due distinti controricorsi il Ministero della Salute e l’ordine dei medici. Quest’ultimo ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione.

Secondo il resistente il ricorso sarebbe inammissibile anzitutto per omessa indicazione delle parti nonché per omessa e/o insufficiente esposizione dei fatti di causa.
I rilievi non hanno pregio.

A norma dell’art. 366 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione è inammissibile qualora manchi o sia
assolutamente incerta l’identificazione delle parti contro cui esso è diretto.

Nella fattispecie, contrariamente all’assunto del resistente, benché manchi in ricorso una parte graficamente destinata alla individuazione delle parti contro le quali l’impugnazione è diretta, e benché, ancora, i fatti che hanno dato origine all’azione disciplinare nonché lo svolgimento di questa siano assai sinteticamente esposti, nondimeno le une e gli altri sono chiaramente enucleabili dall’intero contesto dell’atto. Di talché le mancanze denunciate dal resistente hanno un carattere esclusivamente formale e, non intaccando la comprensibilità della vicenda umana e processuale sottesa al ricorso, non possono dar luogo alla evocata sanzione dell’inammissibilità.

Neppure sussistono le allegate insufficienze in punto di ricognizione delle norme di legge asseritamente violate o dei denunciati vizi motivazionali. Contrariamente a quanto sostiene il resistente, esse sono entrambe chiaramente enucleabili, e tanto a prescindere dall’esito dell’esame dei singoli motivi di ricorso.

Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla prova della sua responsabilità per le contestate infrazioni al Codice Deontologico, ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ.

Assume che, ritenuta insussistente l’addebito principale, relativo alla somministrazione di sostanze dopanti, in ragione dell’assoluta mancanza di prova della destinazione dei farmaci all’alterazione della prestazione agonistica, e cioè a finalità diverse da quelle terapeutiche, la Commissione non poteva ritenerlo responsabile di quello di cui all’art. 3 del Codice Deontologico, assumendo che la terapia farmacologica non era stata prescritta in vista della tutela della salute del paziente, ma per fare in modo che l’atleta recuperasse un posto in squadra. Non aveva il decidente considerato che il recupero del tono atletico era obiettivo in linea con la tutela della salute psico-fisica dello sportivo e che una delle funzioni della Medicina dello Sport è il miglioramento delle performaces dello sportivo. Osserva anche che la comprovata diligenza con la quale l’incolpato aveva visitato il paziente, prima di prescrivere la terapia, escludeva in radice l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare.

Anche questo motivo non può essere accolto.

La Commissione ha confutato l’assunto del ricorrente, secondo cui il mancato collegamento della sua condotta con un evento di tipo agonistico faceva venir meno ogni profilo di illiceità della stessa, rilevando che ciò poteva valere solo per l’addebito relativo al doping, laddove l’esclusiva finalizzazione della terapia prescritta al recupero di un posto in squadra lasciava inconfutabilmente in piedi l’addebito concernente la violazione dell’art. 12 del Codice deontologico.

In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.600 (di cui euro 200 per spese), per il Ministero della Salute e in complessivi euro 2.600 (di cui euro 200 per spese), per l’ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Rimini, oltre IVA e CEA, come per legge.
Depositata in Cancelleria il 23.08.2011”.


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