Cecchinato si muove leggero come una farfalla, copre il campo con naturalezza e disinvoltura, e dopo le tre ore di gioco piegava le ginocchia per colpire da sotto la palla di rovescio come se si giocasse da tre minuti. Ha retto di nervi, senza mai avere il braccino, contro un mostro del tennis come Djokovic.
Marco ha visto il paradiso dopo aver incamerato il secondo set. Quindi, gli è apparsa in faccia la morte sportiva: sopra due set a uno, con Nole avanti nel quarto set (4-1 e vantaggio del serbo con il siciliano al servizio) e in progressione verso il quinto. S’è ripreso psicologicamente, ha ritrovato misura e compattezza nei movimenti, ha portato il serbo al tie-break del quarto set. A questo punto, Djokovic ha compiuto due miracoli nei pressi della rete: roba da abbattere un mulo. L’italiano ha reagito con una mezza smorfia e ha proseguito a macinare gioco, facendo andare a tremila all’ora le punte dei piedi, leggiadro come una libellula. Per vincere 13-11 dopo un’altalena da infarto, con 3 set point per Nole annullati grazie a un coraggio da leone. E con quelle bombe a mano che gli uscivano dal rovescio, trasformatosi in arma letale. Punteggio: 6-3 7-6 (4) 1-6 7-6 (11) in tre ore e 25 minuti. Mi è piaciuta la freddezza con cui ha reagito al tifo sfacciatamente a favore di Djoko da parte dei francesi al Suzanne Lenglen: Marco, l’italiano di ghiaccio, ora numero 27 al mondo.
Quella di Cecchinato è una delle più splendide imprese del tennis italiano: oggi, per arrivare in una semifinale di uno Slam, devi essere un supereroe, sotto il profilo atletico e mentale. La semifinale è contro Thiem, atleta strepitoso: se Marco recupera di testa (anche gli ottavi sono stati duri, vedi qui), parte lievemente sfavorito.
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