1) Il servizio. È tutto, fuorché potente. È illeggibile, talvolta piatto a uscire, altre volte con lieve slice, poi profondo o stretto o angolato o al corpo.
2) La velocità nei tempi morti durante il proprio servizio. Cecchinato riesce a concentrarsi in pochissimo tempo: gli basta qualche secondo. In questo, nella rapidità con cui organizza il servizio, e nel lasso temporale esiguo fra la prima e la seconda, mi ricorda Agassi. La si può considerare una strategia vincente: l’avversario non fa in tempo a trovare la concentrazione, e il servizio diventa ancora meno leggibile. Chiaramente, se va sopra di uno o due quindici, il tutto funziona alla perfezione; se va sotto, la sollecitudine diventa un boomerang.
3) Il silenzio. Marco, pure nei momenti di massima sfortuna, col nastro che devia la palla a sfavore o la palla che esce di un millimetro, resta tranquillo, silenzioso. Almeno per il momento.
Ora gli tocca Djokovic, così forte da mandare in tilt chiunque. La parola d’ordine? Uscire quanto prima dalla trappola dello scambio di rovescio: piuttosto prendere qualche rischio, ma mai fare il braccio di ferro nella diagonale sinistra.
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