domenica 1 agosto 2010

Inter-Manchester City 3-0: un Philippe Coutinho Correia da urlo. È un potenziale fenomeno

Mi interessa poco o nulla del punteggio di Inter-Manchester City (3-0). Men che meno della doppietta di Obinna, che per quanto mi riguarda non è un giocatore da Inter, giacché dà il meglio di sé quando la propria squadra è già in vantaggio. Me ne impippo pure di schemi, moduli tattici e condizione atletica della squadra. E non giudico Benitez da queste partitelle (a proposito, ci ho preso in pieno). Ma, qualche ora fa, ho visto giocare uno che mi ha calcisticamente emozionato: lui si chiama Philippe Coutinho Correia. Ossia Coutinho. Anche soprannominato Philippinho.

Il ragazzino neo18enne, nato a Rio de Janeiro il 12 giugno 1992, è un trequartista brasiliano, ex Vasco da Gama e - finché minorenne - titolare del Brasile under 17. Quando quel mostro sacro di Careca, ex attaccante del Napoli, l’ha paragonato a Zico (uno dei migliori di ogni epoca), ho pensato a un’esagerazione carioca, per simpatia verso l’allora 17enne Coutinho. Ma adesso che l’ho visto per un minutaggio sufficiente lontano dal Brasile, e dopo aver preso calcioni mica di ridere dai difensori del Manchester City, Philippinho mi ha flashato.

Zabaleta, difensore argentino del Manchester City, dev’essere ancora sotto choc: il cucciolino nerazzurro l’ha letteralmente tirato scemo. Ci sono volute le cattive maniere (in un’amichevole) e per giunta con la collaborazione di un Company in versione wrestling, per atterrarlo.

Coutinho ha i primi tre passi che ti fulminano: la mini progressione iniziale è atleticamente esaltante. I cambi di direzione sono fulminei. Mette in campo una personalità strabordante: te ne accorgi anche perché non protesta, non fa smorfie, sceneggiate, boccacce, falli di reazione; lui illumina il gioco in silenzio. E ha più volte rincorso l’avversario.

Mi ero già divertito a vederlo in allenamento ad Appiano, quando però l’agonismo era inevitabilmente spento. Col Manchester City s’è accesa la lampadina del genio, non c’è dubbio.

Il suo difetto principale? Non è a suo agio nei pressi della linea centrale del campo. Ama svariare dietro le punte, a ridosso dell’area di rigore. Un istinto tipico di chi ha il football nel sangue, e lo vive con la passione verdeoro. Coutinho non gioca, lui balla sul rettangolo con il samba nelle vene.

Alto 171 centimetri per 72 chilogrammi, viene considerato leggerino per i campi di calcio europei. Fesserie. Per quanto mi riguarda, può restare così magro per i prossimi 15 anni. Ha una complessione fisica particolarissima, che merita di non essere cambiata artificialmente. A differenza di alcuni colleghi (di altre squadre), spero che si tenga lontano da tentazioni farmacologiche utili solo a stupire con addominali scolpiti e bicipiti mastodontici. Si guardi i filmati del Pelé a 17 anni e a 30 anni: prima era magrissimo, poi appena appena più robusto. Eppure è diventato il secondo più grande, alle spalle (e distanziato di tre lunghezze) di Maradona. Oppure osservi la conformazione fisica di un atleta immenso come Eto’o: una gazzella cacciatrice.

Coutinho è un potenziale fenomeno, è un prodigio che può sbocciare da un momento all’altro. Il bambino do Brasil va giudicato quando dovrà giocare sotto stress, con l’ansia della prestazione, con San Siro sul collo, con un pareggio fuori casa che per le squadre più forti - come l’Inter - rappresentano un fallimento. Ne riparliamo ai primi incontri ufficiali. Nel frattempo, vivissimi complimenti a chi se l’è portato a casa per 3,8 milioni di euro.
                                                                                                                                                                  

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