sabato 22 agosto 2020

Traffico, smog e Covid: le contraddizioni del sindaco di Milano Sala

Il sindaco di Milano Sala è contro lo smart working. Lo ha detto settimane fa e adesso lo conferma. Pertanto, dei 15.000 dipendenti del Comune, solo 3.500 resteranno in smart working. Qui occorre fare un ragionamento improntato solo sulla qualità della vita e dell’aria. Non stiamo a contare i voti e a verificare la ricerca del consenso elettorale: voti dei titolari di bar, chioschi, negozi, ristoranti tutto attorno al Comune. Siamo certi che Sala non sia mosso da quelle intenzioni.

Noi eravamo rimasti a questo: traffico e smog sono un problema per Milano. Quindi, blocchi del traffico, Area C a pagamento, Area B, Zone a traffico limitato, strisce blu. Via le auto. Tutti in monopattino elettrico, come fossimo in un enorme luna park. Telecamere ovunque per scovare l’auto che sgarra. Un Grande Fratello che Orwell neppure s’immaginava. Un vigilante elettronico. Un robocop che spara multe a raffica contro le auto. Che sporcano, inquinano. Perché qui c’è troppo traffico.

Eravamo rimasti all’Area C. Orrore le auto in centro. Devono pagare. O scomparire dalla faccia della Terra. Che schifo il caos con quelle vetture in coda, l’aria che si sporca per colpa delle macchine. Sì alle caldaie vetuste, sì ai mezzi pubblici degli anni 1990, ma no, no, e ancora no all’auto. Criminalizzata quando a benzina o diesel, anche se recente.

Sapevamo che i mezzi pubblici sono pericolosi per via del Covid. Ce l’hanno detto i virologi. E i politici a ruota. No agli assembramenti nelle metropolitane, dove neppure si respira. Poi a settembre, con le scuole, chissà che fiumana umana sconfinata, con rischi di contagio che schizzano all’insù. Il coronavirus si combatte grazie allo smart working.

Adesso, d’improvviso, la carica dei 15.000 dipendenti del Comune: tutti in ufficio. Sì: orari flessibili. Sì: modalità elastiche. Ma sono lì dentro, in auto, nei mezzi pubblici, negli uffici.

Perché mai lo smart working non piace a certa politica? Mistero. È che sui social e in tv lo chiamano lavoro da casa. Forse da questo si capisce tutto. Lo smart working non è lavorare da casa. È lavorare da dove cavolo vuoi tu: Bahamas, il bar in centro, un hotel, casa della tua prima amante, casa della tua seconda amante. Lo smart working è il presente e il futuro, semplicemente anticipato dal Covid. Però, con questa politica da dinosauri, con questa modo di pensare del 1800, non ne usciremo mai vivi.

Le cose cambiano in fretta, e occorre adeguarsi. Quando l’uomo è andato sulla Luna per la prima volta, la navicella spaziale era dotata di un computer con la capacità di calcolo pari a quella di uno smartphone attuale. Oggi con un mediocre computer possiamo lavorare da dove vogliamo e quando vogliamo: abbiamo un ufficio con noi, sempre.

Attendiamo fiduciosi i prossimi piagnistei perché c’è lo smog, sui mezzi pubblici si prende il coronavirus, i contagi del Covid risalgono. Ci credo che l’Unione europea e soprattutto i Paesi frugali non vogliono darci un euro: per loro, noi siamo al mesozoico.

1 commento:

  1. Ovvio: per motivi economici. Un dipendente in città rende molto più che a casa : benzina, parcheggio bo biglietto per spostarsi, il pranzo in mensa o al ristorant , lo shopping in città.
    Per chi abita fuori Milano questo è un shock economico.

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