
Fa storia a sé il doping fra i dilettanti. Si sparano di tutto nel sangue pur di vincere il prosciutto alla gara ciclistica della domenica, o di esibirsi in corse senza fine nei campi da calcio. Magari con la speranza di essere osservati e poi chiamati da una squadra di alto livello. Mi pare che questo doping dei disperati, dei dimenticati, degli agognanti, degli invidiosi, sia infinitamente più drammatico di quello dei professionisti. Che si pompano ma in cambio ottengono una quantità di denaro spaventoso.
Eppure, sui mass media l'attenzione si concentra sui grandi campioni, sui malati di adesso che una volta spaccavano il pallone in mille pezzi con un tiro oppure che riuscivano a scalare montagne in bici come fossero in moto o che parevano lampi sui 100 metri o che avevano bicipiti tali da spaventare gli avversari.
L'impatto reale del doping va cercato nelle infinite fogne dove topolini incarogniti si spartiscono pezzetti di formaggio, e non nei ristoranti di lusso frequentati da novelli Zii Paperoni grossi e arroganti come serpenti boa.
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