mercoledì 6 gennaio 2016

“Quo Vado?” di Checco Zalone: non un film comico; non una commedia; ma un documentario sull’Italia

Il posto fisso, afflizione dell’italiano medio. Con le famiglie disperate perché figli e nipoti sono disoccupati. Con la piccola e media borghesia italiana angosciata dal futuro precario dei parenti stretti. Aggrappata al potente di turno per ottenere o mantenere privilegi professionali. Il tutto mentre altri Paesi ci superano, come qualità della vita e livello di civiltà. È questa la trama di “Quo Vado?” di Checco Zalone. Lui è di un’abilità sublime, e riesce a farti ridere anche quando la battuta è abbastanza scontata; ma di certo il film non può essere catalogato come comico, né come una commedia. Questo capolavoro cinematografico è un documentario.

Se sei un genitore, e non riesci a spiegare a tuo figlio come funzionano le cose in Italia, portalo a vedere “Quo Vado?” di Zalone: la pellicola, da sé, vale molto più delle tue parole. A bambini e ragazzi si potrà così illustrare cos’è la corruzione, cosa la concussione. E perché alla fine i giovani più brillanti fuggono a gambe levate dall’Italia.

All’uscita dal cinema, ho sentito anche critiche da parte di diversi spettatori. Normale: perfino Charlize Theron può non piacere, e addirittura l’Inter del Triplete suscitava indignazione. Non si può risultare graditi a tutti. Il fatto è che Zalone, con “Quo Vado?”, non utilizza il fioretto, non gira intorno alla questione; arriva invece dritto al cuore del problema con un apriscatole molto tagliente. Magari, se ti riconosci in uno dei personaggi del film, ti offendi: il raccomandato, il lavoratore scemo, il parassita sociale, l’ebete che succhia denaro pubblico, la bestia che sfrutta le disabilità parentali. Però questa è l’Italia, e Zalone te la sbatte in faccia con crudeltà. Creando un documentario che entra nella storia del cinema.

sabato 2 gennaio 2016

Elogio de “Il fantasma della Garbatella”, di Gabriele Mazzucco

Cominciamo dal quartiere, a Roma: la Garbatella. Una delle zone più affascinanti del globo terracqueo, con architetture civili e religiose mozzafiato. Sicché, il titolo dell’opera teatrale, “Il fantasma della Garbatella”, già di per sé mi attizza. Ma ancor di più lo spettacolo, scritto e diretto da Gabriele Mazzucco, che va in scena dal 7 al 10 gennaio 2016 al Teatro Ambra alla Garbatella. La Compagnia degli Artigialli dà vita a un’opera viva e vera, proprio come lo storico quartiere della Città Eterna in cui è ambientato. Sottilmente comico, argutamente ironico, lo spettacolo vede Lallo fra i protagonisti, un ragazzo con una cugina stralunata, Angelina. Oltre a un “amico del cuore” malandrino, Orazio, e un fratello gemello stalinista e dal forte accento abruzzese, più una fidanzata bella, innamorata ma non proprio fedele, Matilde. Ed ecco il mistero: Lallo è morto, tre anni prima, in circostanze misteriose. Ed è tornato in vita su ordine preciso di Dio, accompagnato dall’Arcangelo Raffaele, per valutare se il genere umano sia pronto a un ritorno sulla Terra del Messia, Gesù, oppure per constatare se a distanza di più di duemila anni l’uomo sia rimasto sempre lo stesso. 

Scelta come campione, questa combriccola della Garbatella è protagonista di improbabili gag, incomprensioni, misteri. Si ride parecchio, ma sino a un certo punto: c’è anche un minimo di riflessione sul genere umano. Scritto al fine di intrattenere con continui cambi di situazione il pubblico, “Il Fantasma della Garbatella” è infatti “una storia con personaggi mani, dolcemente buffi e assurdi - dice il regista - costretti a fare i conti con una serie di difficoltà a molti di noi ben note, suocere perfide, politicanti in malafede, bollette da pagare, turni di lavoro massacranti e soprattutto… l’imponderabile ira di Dio”. Amorevole spaccato di una romanità popolare in estinzione, “Il Fantasma della Garbatella” racconta aneddoti tramandati all’interno del quartiere, veri o verosimili, nascosti dentro una storia che ha l’ambizioso obiettivo di indagare le capacità di perdono degli uomini e delle donne di oggi. Con Andrea Alesio, Chiara Fiorelli, Federica Orrù, Paola Raciti, Armando Sanna. Lo consiglio ai romani e no.