venerdì 6 gennaio 2017

Antitrust delle bufale, intervista a Marisa Marraffino

Lo Studio legale Marraffino si occupa di diritto penale, con particolare riferimento ai new media e privacy. Per questo, faccio una chiacchiera con l’avvocato Marisa Marraffino (esperta di diritto d’autore su Internet, Facebook, Twitter) su un possibile Antitrust delle bufale, problema correttamente sollevato da Giovanni Pitruzzella (qui), presidente dell’attuale ed esistente Antitrust italiano (qui).

Marisa, mi dai la definizione di bufala web?
“Le bufale non sono altro che notizie clamorosamente false veicolate dalla rete (social, internet in genere) al fine specifico di aumentare la visualizzazione di quel contenuto e generare traffico, aumentando così la pubblicità”.

Il web è stracolmo di fake news. Per te, un Antitrust delle bufale può essere la soluzione?
“Internet non è un mondo senza regole, come ancora troppo spesso si sente dire. Le stesse norme che valgono per i giornali cartacei devono valere anche per chi diffonde notizie online. Queste ‘regole’ ci sono già e sono dettate dalla giurisprudenza ormai consolidata, ma il problema delle cosiddette bufale è diverso. Spesso, chi pubblica queste false notizie usa tecniche di anonimizzazione o strumenti tali da rendere difficile l’identificazione del server di provenienza. Credo che anche per un’autorità pubblica sarebbe difficile arrivare a identificare questi soggetti. Si tratta però di uno sfruttamento illecito della fede pubblica. Chi immette bufale online ricava profitti generati dai banner pubblicitari. E gli utenti che le leggono subiscono un danno derivante non soltanto dalla perdita di tempo, ma anche dall'induzione in errore causato dalla percezione della falsa notizia. Forse non è sufficiente a integrare il reato di truffa, perché non ne deriva un danno patrimoniale in senso stretto, ma ci va molto vicino. In ogni modo, l’istituzione di un organismo terzo e imparziale a livello internazionale potrebbe essere un primo passo per disincentivare molti illeciti online: le bufale, così come la diffusione di fotografie o video senza il consenso degli interessati. Si tratterebbe di una prima soluzione, che dovrebbe essere gratuita e accessibile a tutti, per responsabilizzare anche i provider, che oggi troppo spesso intervengono tardivamente e solo dopo un ordine dell'autorità.

Da chi dovrebbe essere composto l’Antitrust delle bufale?
“Un eventuale organismo di controllo dovrebbe essere composto da specialisti dell’informazione e di diritto dell’informatica, non certo da giurie popolari o simili. La rete è governata da regole precise e da norme procedurali che non sempre sono semplici e di facile comprensione”.

Quali i criteri che l’Antitrust delle bufale dovrebbe seguire?
“Innanzitutto l'organismo dovrebbe verificare la fonte della notizia e quindi valutarne oggettivamente la falsità o no. Dopodiché, una volta accertato che si tratta di una falsa notizia, se a veicolarla fossero stati dei giornalisti, la segnalazione dovrebbe essere trasmessa al Consiglio dell’Ordine competente per le sanzioni disciplinari del caso. Se poi la bufala integrasse anche gli estremi del reato di diffamazione aggravata perché ad esempio fosse lesiva dell’altrui reputazione, gli atti dovrebbero essere trasmessi alla Procura della Repubblica che potrebbe intervenire anche attraverso il sequestro preventivo (cosiddetto oscuramento) del sito. L’utilità di un organismo ad hoc potrebbe essere quella di ampliarne i poteri fino a consentirgli la rimozione delle false notizie o la segnalazione agli utenti che si tratta di una bufala. Laddove, infatti, non fosse possibile identificare gli autori o oscurare il sito, gli utenti dovrebbero essere avvertiti, prima di aprire il link, che si tratta di una notizia falsa”.

L’Antitrust delle bufale dovrebbe individuare solo le panzane online? Oppure anche quelle messe in circolazione da giornali, tv, radio e altri media?
“Per i media tradizionali, ma anche per le testate online registrate e non registrate che facciano capo a soggetti identificati, esistono già strumenti di controllo sufficientemente rigorosi. Eventuali notizie false o diffamatorie vengono controllate dai Consigli dell’Ordine dei giornalisti, dal Garante per la protezione dei dati personali e anche dall’autorità giudiziaria. Semmai un organismo terzo e imparziale potrebbe verificare quei siti che non siano riconducibili a soggetti identificati e, se fosse possibile, intervenire”.

Come?
“Anche rimuovendo quella notizia che potrebbe ledere l'immagine di terzi ma anche la buona fede degli utenti del web”.

Come sanzionare il sito che spara la bufala?
“La sanzione più grave e sicuramente incisiva sarebbe la rimozione immediata della notizia oppure la sua segnalazione quale ‘bufala’ agli utenti, che quindi non sarebbero incentivati a leggerla”.

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